Non c’è nessuna pace alla fine di tutto
Nel 1960 i servizi segreti israeliani rintracciano Adolf Eichmann, lo catturano, lo processano e lo giustiziano.
Quando nel ’72 il commando palestinese “Settembre Nero” fa irruzione nel villaggio olimpico sequestrando, e in seguito uccidendo, undici atleti israeliani, la reazione è immediata: un’altra missione segreta, questa volta non solo per punire dei criminali, ma per dare una dimostrazione di forza violenta e inesorabile.
Con la parola ‘civiltà’ sulle labbra, armati d’un fantomatico diritto divino, ebrei ed arabi, israeliani e palestinesi continuano ad uccidersi: un odio recente, pregiudizi secolari, un’eterna vendetta che ha le sue radici, ormai, in una catena di vendette della quale s’è persa da tempo la testa.
La storia di Avner non c’entra con Monaco, a dispetto del titolo, a dispetto dell’evento più eclatante di decenni di massacri passati sotto silenzio. La storia di Avner ha le radici nel nulla, un nulla anteriore all’attentato olimpico, lo stesso nulla per il quale si continua a combattere, ad appoggiare le non ragioni degli uni o i torti degli altri.
Gli undici morti di Monaco hanno fatto sentire al mondo la voce palestinese in un’atroce richiesta d’attenzione, la vendetta condotta da Avner ha ribadito la voce del Mossad: un duetto che s’è presto trasformato in un coro, con CIA e KGB ansiosi di eseguire il proprio spartito.
In una situazione così grande Avner prova a fare propria una battaglia che gli è stata imposta, che sente di voler combattere ma della quale solo a tratti afferra la portata; quello che non può fare è perdere la propria individualità, il proprio lato umano. Il conflitto interiore tra appartenenza ad un popolo perseguitato e il desiderio di trovare la pace in seno alla propria famiglia, tanto più nel momento della nascita d’una figlia, si chiude a favore di quest’ultima: ma come ebrei e palestinesi, neanche Avner troverà la pace agognata. Un mondo fatto di ricerche, sospetti, inseguimenti, costante paura s’è ormai impadronito di lui. Avner è stato una delle tante braccia d’una guerra che vorrebbe abbandonare, ma che non lo abbandonerà.
Spielberg entra nel conflitto in profondità, mostrandone le assurdità dall’interno; per fare questo si lega ad uno dei tanti macellai innalzandolo ad eroe, combattuto tra legittimità ed illegittimità ma pur sempre strumento di morte. Gli occhi di Avner, se non possono guardare con sincerità alla propria condizione, riescono però a rappresentare l’orrore che li circonda. Un’analisi lucida di una storia di cui nessuno sembra realmente volere la fine.
La voce di Israele si è sentita forte, e non rimarrà inascoltata. Le risposte, che celebrano lo stesso orrore, la stessa inciviltà, continuano. E continueranno. |