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Un tesoro nascosto in una sedia; un’estetista e un tatuatore che, dandogli la caccia, si innamorano; un misterioso prete che incombe su di loro come una minaccia. Dapprima rivali, poi alleati, i tre diventano protagonisti di una rocambolesca avventura che, tra equivoci e colpi di scena, li vedrà lanciati in un inseguimento, dai colli alla pianura, dalla laguna veneta alle cime nevose delle Dolomiti, dove in una sperduta valle vivono un orso e due fratelli. |
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E' difficile mantenere la giusta distanza nel giudicare un film che esce in sala dopo la scomparsa del suo autore: "La sedia della felicità" mette insieme molti degli elementi ricorrenti nel cinema di Mazzacurati, e si fa apprezzare principalmente per un'atmosfera allo stesso tempo di sispensione della realtà e di sincero ottimismo. Pende però troppo sul versante grottesco: una sceneggiatura approssimativa in mano a bravi attori. |
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HUMOUR - SCENOGRAFIA | |
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REGIA - RITMO - ORIGINALITÀ | |
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SCENEGGIATURA |
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Commenti del pubblico |
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Ultimi commenti e voti |
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5
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5,5
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7
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6,5
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Mazzacurati ci lascia in eredità una commedia molto divertente e dal tocco leggero, con un Mastandrea perfettamente in parte (a tratti esilarante, anche solo con le espressioni del viso) e un cast ben assortito, arricchito da tanti camei: Albanese, Balasso, Ricciarelli, Citran, il duo di televenditori Orlando/Bentivoglio (divertentissimi!). La sceneggiatura è a tratti imperfetta ma la presa sullo spettatore non manca e anche le scene più grottesche (anche se volutamente così marcate), come quella dell'orso, non stonano nell'insieme.
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7
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Sarà forse un film imperfetto l'ultimo film di Mazzacurati: lacunoso sul piano della sceneggiatura, incoerente nello svolgimento, esagerato nei dettagli grotteschi (vedi scena del cinghiale o dell'orso), costruito su sketch più o meno riusciti con attori più o meno celebri. Sarà tutto questo, perché così dice la fredda ragione, ma durante la visione questi difetti sembrano scomparire, e trionfano la leggerezza e l'allegria, senza volgarità: il film cattura e diverte, e la bravura di Mastrandrea, qui in una delle sue migliori prove di sempre, fa dimenticare tutti i piccoli nei. Probabilmente "il toro" e "la giusta distanza" rimarranno nella storia del cinema più di questa "sedia della felicità", ma non per questo merita a mio parere disprezzo. Al di là di ogni doveroso tributo post mortem.
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