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Recensione: A.I. - Intelligenza Artificiale

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A.I. - Intelligenza Artificiale
titolo originale A.I. Artificial Intelligence
nazione U.S.A.
anno 2001
regia Steven Spielberg
genere Fantascienza
durata 146 min.
distribuzione Warner Bros
cast H. Osment (David) • J. Law (Gigolo Joe) • F. O'Connor (Monica Swinton) • S. Robards (Henry Swinton) • J. Thomas (Martin Swinton)
sceneggiatura S. Spielberg
musiche J. Williams
fotografia J. Kaminski
montaggio M. Kahn
media voti redazione
A.I. - Intelligenza Artificiale Trama del film
In un futuro non troppo lontano la terra è stata sommersa dai mari a causa del surriscaldamento terrestre e il problema della sovrappopolazione è diventato insopportabile al punto che le nascite sono controllate. I lavori vengono svolti principalmente dai robot, da cui l’uomo ormai dipende e che per questo odia. L’ultimo prototipo è un robot bambino capace di amare creato per sopperire alla necessità di maternità delle coppie senza permesso. Ma se si è in grado di amare si è capaci anche di soffrire, e quanto si è lontani dall’esser considerati vivi?
Recensione “A.I. - Intelligenza Artificiale”
a cura di Andrea Peresano  (voto: 7)
Tratto da un brevissimo racconto di Brian Aldiss, "Supertoys last all summer long", “A.I., Intelligenza artificiale” è un’opera dalla difficile collocazione. Nata dal genio del grande Kubrick è stata ultimata da Spielberg, che ha coraggiosamente portato a termine l’impresa non facile dopo la scomparsa del maestro.
L’opera indaga i rapporti interpersonali, familiari e non, la paura per il diverso, la follia della società in cui viviamo e i dubbi sul futuro prossimo riproponendo la classica favola di Pinocchio in chiave futuristico-tecnologica, intrecciandola con tematiche fantascientifiche che richiamano a padri dek genere come Isaac Asimov o un Philip K. Dick. Nella costante ricerca del significato della vita l’uomo si erge a creatore di vita e ne produce dei simulacri, questo porta anche a chiedersi a che punto, se ne esiste uno, si può iniziare a considerarli vita.
Si può dividere il film in tre macroblocchi narrativi. Dopo un breve prologo, la storia si apre con la vita familiare di David, con le scene bellissime dei primi passi e delle scoperte del piccolo robot, del “mecha” che si trasformerà pian piano in un bambino molto reale, attraverso una fotografia tipicamente kubrichiana delle situazioni a tratti surreali giocate su trasparenze e riflessi che moltiplicano, nascondono e al tempo stesso lasciano intravedere. Ecco però che l’incanto finisce, ritorna alla vita il figlio “vero” e il “diverso” viene allontanato. Inizia così il viaggio, attraverso una notte che sembra non finire, tra le mille luci della perdizione alla ricerca del sogno: diventare reali per essere accettati. David è accompagnato da una guida artificiale interpretata dal bravo Jude Law attraverso le follie estreme dell’animale uomo come la “Fiera della carne”, la celebrazione della vita. La mano di Spielberg inizia a farsi sentire sempre di più. David riesce a raggiungere la fine del mondo, la sommersa Manhattan dove incontra il suo creatore e gli altri David mettendo in dubbio la sua unicità, ma lui va oltre e continua imperterrito la ricerca della realtà, della Fata Turchina per poter avere l’amore della sua mamma. A questo punto si passa alla sequenza conclusiva, il finale che va oltre la storia, dove di solito sarebbe meglio non spingersi. Ed infatti Spielberg si dilunga ed esagera nel lieto fine, in una celebrazione di “2001: Odissea nello spazio” (fra l’altro anno di uscita del film) e con qualche richiamo al suo “Incontri ravvicinati del terzo tipo” , che sembra essere di troppo.
Nel complesso comunque un mastodontico, anche se girato in poco più di due mesi a causa dei problemi legati alla crescita inevitabile del piccolo attore, affresco di un futuro non così lontano né tanto meno così fantascientifico che però è indubbio non riuscirà a far aprire gli occhi all’uomo su ciò che gli aspetta se preso semplicemente come una favola spielberghiana, soprattutto perché gli adulti alle favole non ci credono più e la morale preferiscono ignorarla.
Commenti del pubblico







Ultimi commenti e voti
Utente di Base (10 Commenti, 33% gradimento) Heisenberg 16 Febbraio 2015 ore 14:42
voto al film:   6,5

Medaglia d'Argento (196 Commenti, 27% gradimento) Standby Medaglia d'Argento 24 Dicembre 2014 ore 12:49
voto al film:   6,5

Utente di Base (1 Commento, 0% gradimento) marcus14 5 Novembre 2014 ore 19:56
voto al film:   7

Medaglia d'Oro (279 Commenti, 48% gradimento) Diegen78 Medaglia d'Oro 30 Novembre 2013 ore 00:10
voto al film:   7

Medaglia d'Oro (477 Commenti, 69% gradimento) diego93 Medaglia d'Oro 23 Aprile 2013 ore 20:57
1
voto al film:   7

Come nella maggior parte della sua filmografia, il punto cardine di A.I. e' il tema dell'infanzia e dello scontro tra il mondo degli adolescenti e quello degli adulti. Il film e' praticamente la favola di Pinocchio trasportata in un futuro all'apparenza "perfetto" e pulito, con colori e scenografie che ricordano una superficie di brillante alluminio. Ma il viaggio del protagonista e' una serie di disavventure nel mondo esterno: repellente, maleodorante, simile a un'enorme discarica. Doveva dirigerlo Kubrick e infatti Spielberg, specie nei primi (strazianti) minuti,replica la tecnica del grande regista scomparso con freddezza e lucidita'. Una favola del futuro bella,toccante e ottimamente interpretata (specie dal piccolo Osment).
Utente di Base (26 Commenti, 48% gradimento) alfredH 29 Dicembre 2012 ore 08:35
1 1
voto al film:   5,5

L'inizio ti coinvolge abbastanza! Ma poco dopo la metà del film non vedi l'ora che finisca!
Utente di Base (4 Commenti, 0% gradimento) Masaccio 26 Novembre 2012 ore 16:31
voto al film:   3,5

Medaglia d'Oro (273 Commenti, 64% gradimento) anzianzi Medaglia d'Oro 25 Settembre 2012 ore 23:09
voto al film:   7

Utente di Base (12 Commenti, 50% gradimento) Tesla 16 Luglio 2012 ore 11:00
voto al film:   7

Medaglia di Bronzo (77 Commenti, 64% gradimento) Hal9K Medaglia di Bronzo 9 Luglio 2012 ore 21:28
voto al film:   7,5


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