Partendo da eventi realmente accaduti, senza cedere mai al cronachistico, il regista racconta l’anima oscura del suo paese. Dietro il biopic sportivo si nasconde la storia di un miliardario paranoico che crede di poter comprare l’eccellenza col denaro, finendo solo per tramutare la bellezza in mero spettacolo. Cupo, ansiogeno, un po’ ripetitivo e pretenzioso, il film di Miller è uno spietato saggio sulla corruzione morale dell’America. |
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Attraverso una sceneggiatura (nominata all’Oscar) sobria, solida e stratificata,Foxcatcher utilizza l’espediente della gara sportiva per esaltare e illuminare alcuni degli aspetti più drammatici e significativi della vita. Du Pont è un uomo imprigionato nella propria ricchezza, annichilito dalla presenza della madre e incapace di stringere alcuna relazione interpersonale. Mark non è certo un personaggio più positivo, costantemente in cerca di amore e approvazione, solo, silenzioso e mai appagato dalle proprie vittorie. Tra queste due figure abbattute e tremendamente vogliose di rivalsa, nasce un rapporto molto particolare. Col tempo, Mark si accorge di non essere di fronte a un entegerrimo patriota animato dal senso dell’onore, bensì un milionario malato capace di sopprimere qualsiasi valore col denaro. Tre interpreti in stato di grazie per un’altra efficacissima declinazione dell’anima più nera e corrotta d’America.
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Miller ha deciso di trattare una tragica storia vera come un serrato thriller: ne esce un ritratto americano tra i più cupi e drammatici degli ultimi tempi, attraversato da un'atmosfera perennemente soffocante e capace di creare tensione e disagio in chi lo guarda. Il ritmo volutamente lento serve a creare una costante sensazione di pericolo, tralasciando qualsiasi passaggio inutile. Diretto con freddezza ed eleganza, sceneggiatura a prova d'errore e ottimamente confezionato, Foxcatcher ha però il suo punto di forza in un terzetto d'attori in stato di grazia, capace di dare ad ogni personaggio una diversa sfumatura dell'animo umano: da sempre votato al demenziale, Steve Carrell si misura con una prova magistrale e tra i meriti del film va riconosciuto di aver fatto recitare bene un orango come Tatum.
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Dopo "Moneyball" Miller sceglie di nuovo lo sport e una storia vera per raccontare la società e i valori perduti dell'America, confermandosi autore poco prolifico, ma estremamente valido ed incisivo. Siamo nell'America reaganiana di fine anni '80, dove il denaro e il mercato la fanno da padroni. L'ambiguo e paranoico miliardario John du Pont, represso e succube della figura materna, cerca di acquistare con la ricchezza ciò che non ha, e non potrà mai avere: la forza, il valore, il coraggio di chi pratica uno sport duro e povero come la lotta libera. Miller si avvale di 3 protagonisti eccezionali, pervadendo tutto il film di un senso di angoscia e morte imminente, grazie a una fotografia livida e ai ritmi lenti ma intensi. Ingiustamente sottovalutato dagli Oscar (come anche "Moneyball"), 5 nomination e nessuna statuetta, Foxcatcher è sicuramente uno dei migliori film visti finora nel 2015.
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La vicenda del magnate americano di armi belliche che investe sullo sport il suo potere economico, per riscattare l'inettitudine di un'esistenza mediocre sempre all'ombra della sua casata. La magnifica regia ci porta dentro questo mondo, scoprendolo poco a poco e senza mai darci delle indicazioni e mantenendo fino alla fine imprevedibilità sia nelle dinamiche fattuali che etiche. La storia di per sé ha una potenza nel messaggio, ma ancor più interessante è la modalità del racconto.
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