"Si vive di più andando 5 minuti al massimo su una moto come questa, di quanto non faccia certa gente in una vita intera"
Offerings to the God of Speed fu il primo omaggio che Roger Donaldson fece a Burt Munro, il leggendario neozelandese che nel 1967 stabilì il nuovo record (tuttora imbattuto per le moto sotto i mille di cilindrata) di velocità su terra a bordo della sua vecchia moto Indian del 1920. Dopo più di trenta anni il regista australiano riesce a coronare il suo sogno: girare un film su questo geniale ed eccentrico personaggio che egli conobbe in prima persona nel lontano 1971. Lo fa di una maniera appassionata e commossa, esaltandone la sua personalità prorompente e il suo atteggiamento dolce e ruvido allo stesso tempo verso la Vita, quella Vera, passata all’inseguimento di un sogno e alla ricerca costante della felicità. Anarchico, e libero da tutte quelle norme sociali che rendono spesso gli uomini tutti uguali in pensieri ed aspirazioni, questo anziano signore senza soldi e dal cuore malato, conquisterà tutte le persone che incontra nel suo viaggio epico, per il suo coraggio, la sua semplicità e la sua umanità. Gli incontri on the road, nel lungo viaggio dalla sua città natale (Invercargill, la città “più a sud dell’impero britannico”) al lago salato di Bonneville nello Utah, sono tanti piccoli ritagli (stereotipati e spesso anche permeati da un buonismo esagerato) di un’America iconizzata, terra del tutto è possibile, basta che tu lo voglia. Just do it!
Un film dai buoni sentimenti all’insegna del non arrenderti mai, perché grazie alla determinazione e al coraggio si può conquistare tutto, anche l’impossibile, come stabilire il record di velocità con una moto vecchia ed artigianale…
Grazie ad Anthony Hopkins, lontano dalle sue deludenti ultime interpretazioni, il film si guadagna una sufficienza piena, nonostante a volte si abbia l’impressione che la storia di Munro sia stata troppo romanzata, col rischio di renderla banale e stucchevole. |