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La vera storia del conte di Rochester, amico e confidente di re Carlo II. Giovane, spregiudicato e dalla vita sessuale assai movimentata, si diletta nello stuzzicare i membri della famiglia reale con spietato cinismo, ma ne guadagna il rispetto grazie ad uno spirito arguto. Mentre il re Carlo II si impegna a salvare la stabilità della monarchia, minacciata dalle agitazioni dei cattolici, Rochester si invaghirà di una giovane attrice che lo porterà alla rovina. |
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Non essere. Oppure essere, ma solo quando la morte svela la conseguenza d’ogni azione, solo quando la vita si rivela, finalmente, essere teatro.
In un prologo teatrale John-Johnny introduce al pubblico la sua tragedia, anticipandone i giudizi dall’alto d’una razionalità che non tarderà a deteriorarsi. È l’inizio dei suoi fallimenti, l’ultimo dei quali sarà la pseudo-conversione finale.
In un’Inghilterra abitata da nobili decadenti, poeti e puttane, John conte di Rochester costruisce il proprio mito lottando contro una società inesistente, trasformando il regno in un palcoscenico sul quale imperversare: un atteggiamento sfacciato e provocatorio, un inquieto nichilismo che s’annienta di fronte al potere della morte e si ritorce su di lui, trasformandolo in un uomo incapace di valutare la sporcizia della propria anima.
Il teatro come meccanismo perfetto, nel quale ogni azione ha una conseguenza; la vita, di contro, appare senza uno scopo, senza un significato. In un finale lievemente distorto dalla musica John scopre nella propria vita un filo logico. Ad ucciderlo è stata la realtà, una realtà teatrale che lo ha costretto a sottrarsi al giudizio altrui ed a rimettersi al proprio. La condanna di re Carlo, “ad essere voi stesso”, ha il sapore della pena capitale – e tale si rivela.
L’anatema di re Carlo (un ottimo John Malkovic in una parte ben sviluppata nel rapporto con Rochester, meno sul piano storico) lascia un relitto umano marcire nella propria sconfitta. I suoi ultimi giorni, con la sifilide che ne deturpa il volto e ne mina le ossa, lo vedono trascinarsi dal letto al parlamento alla ricerca d’una serenità irrintracciabile, per morire tra le braccia della moglie con l’ultimo sussulto d’un uomo ormai rinnegato.
Questo John non ha più un significato: la sua ultima sconfitta è non essersi mai capito. “Io non vi piacerò”, disse nel prologo un uomo affascinante. Finché Dio ha imperato su un palcoscenico, quell’uomo razionalmente perverso fino all’autodistruzione è piaciuto. Morto, prima nell’animo che nel corpo, mentre cala il sipario si rivolge a noi: ci piace forse così? No, non c’interessa. |
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Commenti del pubblico |
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