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Dal diario di Clément Mathieu, musicista fallito, sorvegliante disoccupato, il suo periodo passato (siamo nel 1949) nel collegio “Fondo dello stagno”. I suoi metodi comprensivi entrano in conflitto con le regole repressive imposte dal direttore: poco alla volta, gli altri insegnanti passeranno dalla parte di Mathieu. I ragazzi, grazie alla sua presenza ‘paterna’ e alla sua musica, avranno qualcosa di più: la speranza, un futuro. |
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La prima regia per Christophe Barratier ci regala un’opera leggera come il cinema francese negli ultimi anni sa spesso essere. Un’ora e mezza di interni, in un castello-collegio isolato in un bosco: quest’atmosfera intimistica esalta il ruolo di musica e fotografia, protagoniste assolute dall’inizio alla fine.
Evitando le dispersioni di grandi spazi o esterni cittadini, Barratier si ritrova tra le mani un film fatto di sguardi, di piccoli gesti e delle enormi conseguenze che possono scatenare.
Azione, reazione: la regola imposta dal dispotico Rachin si rivela, ribaltata, la morale del film. Non sono il direttore, l’insegnante o il sorvegliante a reagire, ma i ragazzi che, abituati ad un rapporto di sottomissione all’autorità collegiale, scoprono un nuovo e migliore modo di rapportarsi con essa. Così, dal ruolo di carceriere, Mathieu finirà per ricoprire quello di padre passando, soprattutto, per quello di salvatore: un nugolo di ragazzini senza prospettive scopre grazie a lui come crearsele, imparando a costruire, ognuno da sé, il proprio futuro.
Il mezzo attraverso il quale si trasmette questo messaggio, da Mathieu ai ragazzi e da questi allo spettatore, è la musica, universale veicolo di emozioni. Nel canto di Morhange c’è bellezza, speranza, riconoscenza. Il musicista fallito riesce nella sua impresa più importante, la cartellina che gli studenti rubano all’inizio contiene un tesoro più prezioso dei duecentomila franchi di Corbin.
Dove rimane l’ombra del fallimento, Mathieu non può nulla: la storia di Mondain rappresenta gli errori irrimediabili che si rischia di compiere nella fase della crescita d’un ragazzo, tutti originati dal test delle ‘capacità intellettive’ e dalla mancanza di umanità e comprensione di un ambiente del genere.
Mondain è una vittima, un sacrificio forse necessario nella strada che porta alla salvezza di tutti gli altri: come metafora era evitabile, ma sarebbe stato chiedere troppo ad un film dal dichiarato intento educativo. |