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Per la prima volta, i mutanti possono scegliere: mantenere la loro unicità, sebbene questa li isoli dal resto dell'umanità, oppure rinunciare ai propri poteri e diventare delle persone qualunque. Gli opposti punti di vista di Charles Xavier, leader dei mutanti e assertore della tolleranza, e di Magneto, che crede nella sopravvivenza del più forte, sono messi alla prova ultima – scatenare una guerra che ponga fine a tutte le guerre. |
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Il recensore di un evento culturale in genere, e di un film nel caso specifico, si prefigge di solito l’obiettivo di stimolare o distogliere l’attenzione dei suoi lettori dall’evento in questione; nel primo caso cogliendone gli elementi di qualità e interesse, nel secondo caso segnalandone le pecche e la scarsa o nulla originalità. Ora, nel raccontare il terzo episodio di “X-Men” prevale senza dubbio la seconda intenzione; e se pure non è corretto nei confronti dei lettori liquidare il tutto come una evitabile perdita di tempo, la tentazione è forte. Infatti, oltre al fatto che la “Regola” dell’action movie è osservata con dedizione degna dei mullah iraniani (e qui purtroppo non si può fare a meno di ripetersi), possiamo aggiungere (di nuovo ripetendoci) che tutto il plot, i personaggi, e la stessa chiave di lettura della storia sono presi pari pari dai fumetti della Marvel degli anni ’50 (i cui consumatori ricevono quindi fin da subito l’indulgenza per il sicuro peccato che commetteranno spendendo parole di elogio per il film). Ovvio che fumetti sui supereroi siano adattissimi ad una trasposizione cinematografica, e il ritardo con cui avviene il recupero può essere ben giustificato dalla notevole disponibilità di mezzi che col tempo l’industria degli effetti speciali ha messo a disposizione dei registi di Hollywood. Da questo lato anzi il film è sorprendente, almeno per un profano del cinema-spettacolo: mutanti, esplosioni, il golden gate bridge (bello, sia detto per i detrattori delle grandi opere) che viene divelto e spostato di qualche decina di chilometri con incredibile nonchalance (insomma, davvero poco sicuro: sia detto per i fanatici delle grandi opere). La tecnica sofisticata può arrivare là dove non riesce la capacità comunicativa: e forse è anche sbagliato pensare che nel fare questo film gli autori pensassero a qualcosa di diverso dal “fare le figurine”. Animare un fumetto è un procedimento meccanico affidato al proiettore; se chi ha prodotto il film voleva proprio animare un fumetto non c’è più nulla da dire. O meglio, una sola cosa: che non è questo il cinema che ci piace. Le luci e i suoni affascinano sempre, ma bastano solo agli under 13; e poi per questo ci sono comunque i fuochi d’artificio, che si possono ammirare sotto le stelle, anziché in una stanza buia e caldiccia, e che sono molto più economici di questo film. |
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