Il successo di Shrek ha convinto la Dreamworks a non perdere un istante per iniziare la lavorazione del sequel; in poco più di due anni il lavoro è completato. Il merito maggiore consiste nell’aver rinunciato, almeno in parte, a riproporre gli stessi schemi del primo: peccato che, a farne le spese, sia stata l’idea chiave della serie, la rivisitazione ed il conseguente stravolgimento degli schemi classici delle favole, cedendo il passo ad un più cerebrale, ma meno originale, miscuglio di citazioni dai film più famosi. Il canovaccio originale, il libro di William Steig, viene abbandonato per sviluppare la storia in modo autonomo: Shrek e Fiona, al ritorno dalla luna di miele, sono attesi dai genitori della principessa-orchessa, re e regina del regno di Molto Molto Lontano. Sulla falsariga di moltissime commedie, ultima delle quali Ti presento i miei, Shrek ed il suocero si prendono in antipatia a tal punto che il re proverà prima a farlo uccidere dal Gatto con gli stivali, quindi, spinto dalla Fata Madrina, a soppiantarlo col figlio di quest’ultima, il principe Azzurro. Il finale, in un sovrapporsi vertiginoso di rimandi ad altri film, ribadisce lo stesso concetto del primo Shrek: amarsi per ciò che si è, accettare la diversità altrui.
All’irriverenza del primo film, dunque, succede un continuo salto di scena, un accumularsi di situazioni nuove, nuovi problemi ogni volta che ne viene risolto uno; la storia è più frammentata, acquistando una maggiore verve comica in virtù della molteplicità degli eventi più che del loro peso specifico. Una ventata di freschezza viene dal nuovo compagno d’avventura della riproposta accoppiata orco-mulo, il Gatto con gli stivali; presentatosi come un invincibile spadaccino, dimostra ben presto di preferire al duello un’arma irresistibile: nessuno può nulla contro il micio che spalanca i suoi occhioni supplichevoli… La ‘scorrettezza’ è d’obbligo in un personaggio spaccone ed obliquo, perennemente teso ad entrare nelle grazie dei suoi interlocutori; il suo slang spagnoleggiante è sicuramente più divertente nella versione originale (la voce è di Antonio Banderas), mentre perde qualcosa trasformato in un’improbabile parlata italo-spagnola. Rimane, probabilmente soltanto fino all’uscita di Shrek 3, il rammarico di un personaggio dalla potenzialità enormi sviluppate solo parzialmente, troppo in disparte rispetto al pur divertentissimo Ciuchino.
Non è molto fantasiosa l’idea del principe Azzurro (è il cognome…) inetto, ma la realizzazione, tenendo conto della voce originale di Rupert Everett e della tipologia predominante di personaggi da lui interpretata, è spassosa; per il resto, Shrek 2 vive della luce riflessa del primo, riuscendo però ad essere altrettanto divertente. La saga è iniziata: con le idee giuste promette di andare avanti, continuando a divertire, per molto tempo. |