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Recensione: Solstizio d'estate

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Solstizio d'estate
titolo originale À la verticale de l'été
nazione Francia
anno 2000
regia Tran Anh Hung
genere Commedia
durata 112 min.
distribuzione Bim Distribuzione
cast T. Yen Khe (Lien) • N. Nhu Quynh (Suong) • L. Khanh (khanh) • Q. Ngo (Hai)
sceneggiatura T. Anh Hung
musiche T. Ton-That
fotografia M. Ping-Bin
montaggio M. Battistel
media voti redazione
Solstizio d'estate Trama del film
Hanoi. Lien ha ventitre anni e fa la cameriera nel bar di Suong, sua sorella maggiore, e divide un appartamento con il fratello Hai che sogna di fare l'attore. In occasione dell'anniversario della morte della madre, Lien e Hai, insieme alla sorella minore Khanh si ritrovano a casa di Suong per celebrare la ricorrenza. Nel corso della giornata le tre sorelle si lasciano andare a delle confidenze. Ma ciascuna nasconde alle altre il proprio segreto.
Recensione “Solstizio d'estate”
a cura di Andrea Olivieri  (voto: 7)
Un film sublime, poetico, uno spaccato della vita familiare di tre sorelle ed un fratello che si raccontano in occasione dell'anniversario della morte della madre; ritrovandosi a dire agli altri ciò che il pudore e la delicatezza delle relazioni familiari avevano tenuto nascosto fino a quel momento.
Tutta la storia appare statica, priva di una cornice storica che ne delinei il tempo il luogo o una qualsiasi collocazione realistica, ma che la rende al tempo stesso ugualmente autentica. Tutto nel film mira a descrivere un'ideale armonia e confidenza, a partire dalle forme e dai colori della scenografia che si completano con le splendide musiche. La natura è chiamata a rappresentare quel senso di pace e tranquillità a cui tendere; è infatti il verde il colore predominante nell'intera opera.
La pellicola del vietnamita Tran Anh Hung ("Il profumo della papaya verde", "Cyclo") è intrisa di una fragilità e una purezza che sono quasi un ode alla semplicità e all'intimità.
L'essere lontano del film da un contesto politico, economico e sociale, rende l'opera diversa dai soliti canoni cinematografici.
La macchina da presa fin da subito s'innamora dei corpi. Alla ricerca del dettaglio più vicino alla perfezione, l'inquadratura, a volte maniacale, è degna del migliore Wong Kar-wai. Quella precisione, quel momento di estasi statica ripetuto in più occasioni nel film, contribuisce a creare quella sensazione di immobilità a cui tende la pellicola fin dall'inizio. Immobilità della "cattiva coscienza" che con il tempo è diventata tristezza.
Ciascuno dei protagonisti infatti si purifica di qualche colpa che lo pone oltre i limiti del proprio equilibrio precedente; un equilibrio da cui, in fondo, non riusciranno mai completamente a distaccarsi.
L'intero film si dipana attorno ad un anniversario di morte; un lutto nominato solo all'inizio e nella battuta finale, sottolineando quindi che la ricorrenza sarà un qualcosa che farà da sfondo alla vicenda; un "pretesto" per l'intera storia.
L'atmosfera avvolgente, dentro la quale si muovono con straordinaria leggerezza queste tre sorelle, entra in contrasto con la complessità e profondità dei sentimenti, facendo di "Solstizio d'estate" un mix di morbida sensualità e tormenti d'animo.
Una sorta di armonia illusoria lega le tre sorelle, le rende complici nei loro pensieri e nei loro segreti. Le immagini evocano la felicità e la coscienza dei personaggi, con un tono malinconico e allo stesso tempo soave, idilliaco.
Il confine tra la vita reale e quella della finzione cinematografica è magicamente quasi impercettibile.
Selezione Ufficiale Cannes 2000.
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