Buoni i propositi per il film di Elie Chouraqui che fa un inno alla pace parlando di guerra, quella che il Medio Oriente sta ancora combattendo. Chouraqui però parla al passato e fa iniziare la storia nel 1946, ambientandola in una New York post guerra mondiale, laccata e benestante. È qui che un po’ per caso, un po’ per destino si conoscono Bobby Goldman e Said Chahine. Uno ebreo, l’altro arabo: si ritroveranno a combattere la stessa guerra, divisi per ideali ma uniti dallo stesso dio e saranno chiamati a dover guardare “oltre l’amicizia”, come recita uno degli altri titoli del film.
Tratto dal bestseller Gerusalemme, Gerusalemme! di Dominique Lapierre e Larry Collins, il film si racconta procedendo per piccoli capitoli, intitolati sullo schermo in lingua araba ed ebraica, che scandiscono i tempi di una vicenda incentrata sui conflitti che hanno fatto da sfondo alla proclamazione dello Stato di Israele. Un racconto che si snoda velocemente sullo schermo ma senza puntare a particolari accorgimenti tecnici e stilistici, se non ad una gradevole “perdita” di colore in alcune scene del film per passare ai reportage storici in bianco e nero. La fotografia risulta però troppo patinata e non emoziona nei punti, tanti, in cui fa leva su belle inquadrature, ma si ritrova a pronunciare frasi forzate a mo’ di sermone su un sottofondo di note in crescendo.
Non bastano di sicuro 100 minuti per raccontare l’odissea dei conflitti che hanno insanguinato la Palestina e che purtroppo sono ancora attuali, ma il film procede senza slanci e, anche se non scade in uno scontato risvolto erotico per dare appeal alla pellicola, sembra - in alcune sequenze - senz’anima.
La speranza che vuol lasciare, che qualcuno continui a provare amore affinché Gerusalemme sia degna del nome che porta, “città della pace” appunto, è rispettabile, ma rimane distaccata e troppo lontana. |