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Beirut, 13 aprile 1975. Scoppia violentissima la guerra civile in Libano. La capitale viene divisa in due parti: una sotto il controllo dei musulmani, l'altra sotto il controllo dei cristiani. Tarek e Omar, due adolescenti, non possono più frequentare il loro liceo che si trova nella parte est, occupata dalle milizie cristiane. Per i due cominceranno, così, lunghe giornate passate a girovagare per Beirut, in compagnia della loro amica (cristiana) Mary. La guerra rappresenterà per loro motivo per crescere e scoprire la realtà della loro martoriata città. |
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Convincente opera prima di Z.Doueiri, interamente finanziata con capitali europei, scritta e diretta dal regista libanese emigrato nell'83 in California dove ha studiato cinema, "West Beyrouth" è una pellicola largamente autobiografica in cui i ricordi felici prevalgono su quelli dolorosi.
La riuscita del film deriva soprattutto da tre fattori: la vivacità con cui racconta i personaggi, i dialoghi adrenalinici, la suggestione dei paesaggi urbani della città che ancora conserva le cicatrici di una guerra che, prima di Sarajevo, devastò un altro mediterraneo punto d'incrocio di culture, etnie, religioni.
Dal punto di vista strettamente stilistico, la formazione di Doueiri è legata alla sua ormai lunga esperienza americana, ma ciò che colpisce maggiormente di West Beyrouth è la vivacità del racconto e la modernità dell'impianto formale. Ziad Doueiri, infatti, dimostra di aver imparato la lezione americana a perfezione, utilizzando con grande perizia alcuni elementi fondamentali: macchina a spalla, recitazione concitata, montaggio nervoso e tanta musica anni '70.
Ne esce fuori il ritratto di un Libano che, pur devastato da un'assurda e atroce guerra civile, è contraddistinto da una realtà sociale viva, stimolante e vicina ai meccanismi evolutivi del suo tempo.
L'adolescenza di Tarek e Omar, dunque, non sembra molto diversa da quella dei loro coetanei di qualsiasi altro paese: le prime pulsioni sessuali, i primi amori, l'amicizia, il divertimento gratuito, la passione per la musica alla moda e per i pantaloni a zampa d'elefante.
Eppure, nonostante ciò, Doueiri è riuscito a compiere il miracolo di raccontare Beirut in tutto il suo spirito mediorientale. Le strade pulsanti, i mercatini caotici, le moschee, i venditori di falafel, quartieri pieni di una vitalità tutta araba.
A rendere veramente divertente quest'opera sono anche i protagonisti principali: i due ragazzi libanesi sono stati capaci di esprimere con assoluta naturalezza una varietà enorme di stati d'animo. Anche questa loro incredibile abilità ha contribuito a fare di "West Beyrouth" una pellicola mai noiosa e scontata.
Il film, facendo ovviamente le debite proporzioni, fa tornare in mente certe atmosfere alla Truffaut ("I quattrocento colpi", soprattutto), non solo per il suo argomento centrale, ma anche per quel tono al tempo stesso fresco e malinconico che attraversa l'intera vicenda.
Il regista, dunque, ha dimostrato di essere un cineasta di sicuro talento, creatore di un linguaggio in cui si fondono in maniera armoniosa due diversi aspetti: la brillantezza del cinema occidentale contemporaneo e la cultura storica e artistica del popolo arabo.
Un film su un mondo che sembra lontano, come ogni tragedia, prima che ti colpisca. |