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Recensione: Xiao Wu

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Xiao Wu
titolo originale Xiao Wu
nazione Cina
anno 1997
regia Jia Zhang-ke
genere Drammatico
durata 105 min.
distribuzione n.d.
cast W. Hong-wei (Xiao Wu)
sceneggiatura J. Zhang-ke
musiche L. Xiao-ling
fotografia N. Yu Lik-wai
montaggio X. Ling Yu
media voti redazione
Xiao Wu Trama del film
Il giovane borseggiatore Wu è da sempre sulla strada, e quando uno degli ex colleghi non lo invita al suo matrimonio, la consapevolezza di essere rimasto solo si fa bruciante. Si innamora della prostituta Mei Mei, ma il futuro appare incerto...
Recensione “Xiao Wu”
a cura di Andrea Olivieri  (voto: 7)
Ecco un film fuori dal e del tempo.
L’attore protagonista, la Cina e il film (stilisticamente) sembrano vivere in una dimensione difficilmente collocabile dal punto di vista temporale.
La Cina ci viene mostrata come un paese dall’economia e dalla tecnologia, nonché dalla socialità, impazzita.
Miriadi di esempi di sottosviluppo (strade non asfaltate, case diroccate; "la città sobborgo della campagna", quindi, città e campagna apparentemente uguali, entrambe periferie di qualcosa di cui non vediamo il centro; vi è l’assenza di una struttura che permetta ad un paese di vivere una fase matura di industrializzazione), s’intrecciano con prodotti della new-economy (telefonini e cercapersone, ma soprattutto videocamere). Su tutto domina la televisione.
È la Cina che non sembra avere più una propria identità, che, sovrastata dal modello occidentale in modo irreversibile, vive una dimensione di ambiguità e di disagio.
Non a caso, è invece numerosa per le strade la presenza di militari cui è assegnato il compito di reprimere la piccola criminalità e mostrare l’apparenza di un sistema-regime funzionante.
L’attore protagonista è un ladruncolo e recita in modo straordinario: i suoi rari sorrisi diventano immediatamente maschera. Ma ciò che lo caratterizza principalmente è il suo volto. Enigmatico e dall’età incerta. Appena entra in scena si direbbe almeno un quarantenne; poi in alcuni momenti un adolescente, quasi un bambino.
Infine, finalmente, il film.
La messa in scena è assolutamente semplice. Ad esempio, la luce svolge sempre una funzione atmosferica, o meglio, è indifferente a quanto illumina, come avviene in parte del cinema moderno (seguendo in questo fortemente la svolta neorealista).
E infatti il regista sembra avere come modello di riferimento una tendenza di quel cinema-vagabondo (l’occhio della cinepresa vaga su quello che ha attorno accompagnandosi ad un personaggio-guida), della soggettiva libera indiretta secondo la felice intuizione di Pasolini.
Jia Zhang-ke, il regista, è partecipe delle vicende del piccolo ladruncolo Xiao Wu, del suo percorso di dis-educazione. Chi gli è intorno sceglie una strada, una direzione precisa (il suo migliore amico di un tempo opta per la criminalità su larga scala: contrabbando di sigarette e smercio di prostitute; e viene per questo riconosciuto dalla comunità come imprenditore modello), mentre lui vive in uno stato di anarchia-afasia. Finché non conosce una ragazza che potrebbe segnarne la svolta, ma poi lei sparisce…
La semplicità della messa in scena acquista complessità proprio grazie alla "durata". Ogni movimento assume grande importanza, così come i momenti di pausa, di assenza di dialogo. Le boccate di sigaretta dei personaggi scandiscono il tempo.
Come spesso accade, la durata permette che vi sia la possibilità (magica per lo spettatore) di cogliere la piccola scintilla della verità, degli istanti di verità.
In tutte queste situazioni il film raggiunge senza dubbio la poesia. Ma parliamo di poesia come di un leggerissimo spostamento di tono. Infatti la recitazione e la messa in scena sono sempre impostate su toni bassi, dimessi, se l’aggettivo non avesse connotazione negativa.
Ed è qui che sembra di cogliere la vicinanza tra Bresson e questo film, ricordando "Pickpocket".
Se la "durata" dunque sembra essere il fattore più interessante della pellicola, l'opera ne presenta comunque degli altri. Pensiamo all’uso del sonoro, al sonoro d’ambiente, che, come la luce, indistinta funzione di indifferenza, se non di stridio rispetto alle immagini.
Di fronte al post-umano, ecco un film profondamente umano.
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