Cinema del Silenzio - Rivista di Cinema

Recensione: Viaggio alla Mecca

Scrivi un Commento COMMENTA Vota il film VOTA Invia questa pagina via e-mail a chi vuoi tu Stampa questa pagina
Viaggio alla Mecca
titolo originale Le grand voyage
nazione Francia / Marocco
anno 2004
regia Ismaël Ferroukhi
genere Drammatico
durata 108 min.
distribuzione Cinecittà Luce
cast N. Cazalé (Reda) • M. Majd (Il padre) • J. Nercessian (Mustapha) • K. Belghazi (Khalid)
sceneggiatura I. Ferroukhi
musiche F. Guerdjou
fotografia K. Djian
montaggio T. Baz
uscita nelle sale 5 Maggio 2006
media voti redazione
Viaggio alla Mecca Trama del film
Sentendosi forse prossimo alla morte, Mustapha, un anziano marocchino emigrato in Francia, si accinge a realizzare il sogno di un'intera esistenza: recarsi in pellegrinaggio alla Mecca, viaggio che ogni buon musulmano deve compiere almeno una volta nella vita. Non potendo contare su nessun altro, chiede al figlio Réda di accompagnarlo nel lungo viaggio. Réda, assai distante dalle tradizioni e non in buoni rapporti con il padre, vorrebbe esimersi da questa incombenza, ma non può rifiutarsi. Il viaggio è l'occasione per approfondire la conoscenza tra i due e per mettere a confronto le loro idee distanti solo in apparenza...
Recensione “Viaggio alla Mecca”
a cura di Francesco Alfani  (voto: 6,5)
Viaggio alla Mecca: viaggio di andata o di ritorno? I vetri dell’automobile riflettono paesaggi nuovi, ma volti ben riconoscibili: il figlio, il cuore; il padre, l’anima. Il cuore si può fare ingannare, ammaliare; il cuore scrive l’effimero sulla sabbia. Il figlio affonda nella sabbia, le sue gambe non sanno sorreggerlo; la sua mano trema, la sua voce si rompe nel singhiozzo. L’anima è salda, è volontà ferma, sebbene il suo corpo fatichi a sostenerla. Il padre conosce il mondo, conduce il suo gregge sulla retta strada; la meta fissa davanti agli occhi e nella mente, i piedi saldi, come radici che affondano nella terra. Il figlio compie un viaggio di andata: cerca, conosce, vive. Il padre fa un viaggio di ritorno: trova, riconosce, muore.
Sembra questa la chiave di lettura più originale di un’opera che, per altro verso, non dice abbastanza. Non dice abbastanza dal punto di vista narrativo; film sulla strada, come troppo spesso se ne vedono, e sul confronto fra le diverse età dell’uomo, “Le grande voyage” in questo è, in vari punti, debitore di modelli precedenti. Non dice abbastanza neanche dal punto di vista delle immagini: spesso scontate, sanno descrivere piuttosto che comunicare (escluse alcune piacevoli eccezioni: il passaggio del Bosforo e l’ingresso in Asia, raccontato con un entusiasmo semplice che sa coinvolgere; e l’arrivo alla Kaaba in mezzo a una distesa di tuniche bianche). Il regista sembra in un punto addirittura suggerire l’idea del “viaggio di formazione”; per fortuna però Viaggio alla Mecca non è questo. Ci sono scelte poco felici, come il personaggio della vecchia donna iugoslava, e momenti coinvolgenti (la notte prima della partenza di Reda, il riconoscimento dei cadaveri nel finale). C’è anche, alle spalle della pellicola, una componente schiettamente religiosa: Ferroukhi traspone il suo afflato spirituale nell’opera, con evidenti rimandi alla dottrina islamica e con un personaggio, il padre di Reda, che ne diventa il profeta. Nonostante ciò possa lasciare gli spettatori qua e là dubbiosi, il regista è in generale abile nell’inserire il tema con grazia e non appesantendo la struttura filmica. Il contrasto tra le due figure del padre e del figlio, che pure si può facilmente leggere in chiave religiosa, non vuole diventare mai parabola educativa, ma si tiene convenientemente più in basso: il cuore prevale, correttamente, sull’anima. E, cosa più importante, Ferroukhi fa un cinema semplice: i suoi personaggi sono veri, i loro sentimenti freschi, l’empatia che generano indubbia. Elogio della semplicità: sporgere la testa dal vetro della macchina e godersi il vento.
Commenti del pubblico







Ultimi commenti e voti
Il film non è stato ancora commentato.
Ultime Schede