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Sunwoo non è un normale direttore d'albergo. Deciso ed efficiente, è anche il braccio destro del boss malavitoso Kang. Ma il malvivente Kang possiede una debolezza; la sua giovane fidanzata Heesoo. Sospettando che gli sia infedele, Kang ordina a Sunwoo di occuparsi del problema. Quando Sunwoo scopre Heesoo con un altro uomo, non è capace di ucciderli senza una spiegazione ragionevole... |
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"Simulacro pulp."
Il 'criminale' cinematografico elevato dalle inquadrature dal basso, affilato dai controluce, spalancato dalla profondità di campo. Le soggettive dei 'duellanti'; l’universo contemporaneo che si nutre di corpi e materia: un’arena senza barriere, dove il sangue, quando supera il limite di guardia, si fa 'abbagliante'.
Non un cerchio dell’Inferno ma una cornice del Purgatorio. Nuclei urbani calpestati da milioni di suole, consumate sull’asfalto rovente o infangate dalle interminabili piogge al neon che proprio nel caos cittadino trovano terreno fertile, lasciate da uomini senza scrupoli o da vittime innocenti. Passi svelti, automobili a tutta velocità intente a scovare il percorso più sicuro per mescolarsi al sipario (compiacente) dell’oscurità. Sirene dalle urla devastanti, pronte a setacciare ogni angolo invisibile di una Seoul sempre più postmoderna, tenute a bada da ambigui complici di un’esistenza proiettata verso la fine: non c’è scampo per colui che si è macchiato della colpa.
I fili dell’abbandono completo (attraverso la liturgia della sanguinosa vendetta) all’istinto primordiale, all’abbraccio mortale, ad un’immagine accecante: sull’orizzonte simbolico (noir) si danno battaglia i nuovi briganti. Ma la somma di tutte la parti, per quanto tecnicamente entusiasmanti, non gridano alla perfezione. Il film è una sorta di viaggio dirottato verso una rappresentazione semplicemente spettacolare della violenza (la lezione del maestro), colmo di contaminazioni filmiche (la trilogia di Chan-wook, romanticismi alla John Woo e simulacri tarantiniani) che si rincorrono tra un immaginario violentato dall’ipnosi del 'marcio' tirato a lucido e schiacciato da una rappresentazione del 'male' tra il plastico e il coreografico.
Kim Jee-woon si ferma perciò alla superficie, si rifiuta di sporcarsi le mani, e per questo il suo rimane un film cerebrale dotato comunque di un impetuoso ritmo interno sublimato da una 'coerenza' personale: 'estetizzando' i sensi (di colpa) e radunando abilmente il 'saliente narrativo', lo schermo rimane incrostato d’odio feroce, insanabile...
Presentato fuori concorso a Cannes 2005. |
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