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Closer è un intreccio geometrico di relazioni coinvolge due coppie nella Londra dei nostri tempi. Alice è un’ex-spogliarellista venuta da New York alla ricerca di nuove esperienze; dopo essere stata investita da una macchina, viene soccorsa da Dan, un giornalista con aspirazioni letterarie che si occupa però di necrologi. La relazione dura circa un anno, poi Dan conosce Anna, fotografa di successo, della quale s’innamora immediatamente. Per una strana coincidenza provocata dallo stesso Dan, Anna incontra Larry, un dermatologo, che finirà per sposare. Inizia così una girandola di fitti intrighi sentimentali e sessuali, con il solo scopo di riempire delle vite spente e insignificanti. |
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“Closer” è un’analisi dolorosa, disillusa, provocatoria e a tratti convenzionale, di come a volte, nel moderno relazionarsi di coppia, la falsità sia l’unico elemento che permette di recuperare un’apparenza di equilibrio tra gli individui. Ed è proprio in questo contesto che diventa un’osservazione abile e lucida sull’essenzialità della consapevolezza e sull’urgenza del recupero di una percezione di sé stessi che sia legata indissolubilmente al concetto di coppia. Perché, se l’amore è ingannatore, è prima di tutto responsabilità del personale egocentrismo umano, che spesso fa dimenticare la vera e più intima finalità di un legame, rendendo estranei i sentimenti dell’altro. La sofferenza diventa dunque imputabile a chi ignora la diversità di passione e amore, a chi confonde la conoscenza carnale con l’assimilazione dell’essenza, a chi non è in grado di far corrispondere delle azioni coerenti a un’interiore verità con cui ognuno è costretto a confrontarsi. “Closer” ci immerge così in una narrazione esperta, che ci guida attraverso le peggiori manchevolezze dei due sessi. Ma non con l’immediatezza della volgarità visuale, bensì con la potenza disarmante e cruda della parola, con la brutalità dei dialoghi, con la malizia degli sguardi.
Questo ci risulta chiaro soprattutto grazie a un montaggio sincopato e a una sceneggiatura che coglie unicamente gli snodi portanti per ogni relazione: il principio e la conclusione. Momenti in cui i comportamenti maschili mostrano in pieno le proprie bassezze, evidenziano immaturità, insicurezza e soprattutto danno voce al vuoto che caratterizza il lasso di tempo che intercorre tra un inizio e una fine. Ma nessuno dei quattro protagonisti, nel finale, sembra lasciare uno spiraglio per una vera presa di coscienza e per una concreta volontà di cambiamento. Nessuno sembra effettivamente sentirsi responsabile dei propri comportamenti, poiché si sente in preda agli impulsi incontrollabili di ciò che chiama “amore”.
Uno stato di cose che porta inevitabilmente all’insorgere di tradimenti, vigliaccherie, prevaricazioni. Un gioco al massacro che esalta le debolezze umane e non prevede vincitori. “Closer” è un duro colpo inferto all’epoca della comunicazione, quasi a voler sottintendere che il problema dei giorni nostri non è solo ciò che si comunica, ma anche chi lo fa. |
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Commenti del pubblico |
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