"Kasaba" (La città), racconta la vita di una famiglia di contadini in un piccolo villaggio rurale della Turchia.
Il soggetto è tratto dal romanzo "Misir Tarlast" scritto da Emin Ceylan, sorella del regista, ed il film è diviso in quattro parti che coincidono con le stagioni dell'anno.
Questa scelta è giustificata dalla volontà di rappresentare gli uomini immersi nel ciclo naturale che condiziona le loro vite, ma è anche un espediente per sottolineare che, al pari tutti gli altri esseri viventi, anche l'uomo è sottoposto alle leggi naturali e al perpetuo ciclo della vita e la morte.
Ma l'opera è soprattutto il racconto lirico della sofferenza di tutte le creature, umane ed animali che, senza distinzioni di sorta, sono sottoposte ai soprusi del più forte sul più debole e a patimenti e privazioni di ogni genere.
Queste creature così terrene nei loro bisogni e nella loro vulnerabilità sono contrapposte al cielo che le sovrasta e che assiste indifferente ad ogni avvenimento che le riguarda, grande o piccolo che sia.
Il cielo come figura simbolica, ritorna spesso nei dialoghi e nelle immagini della pellicola.
L'accomunamento nella sofferenza di tutti gli esseri viventi è evidente fin dalle prime inquadrature del film, ma la similitudine tra tutte le creature terrene è resa soprattutto attraverso gli incontri di sguardi.
L'autore, che nel suo paese è anche un apprezzato fotografo, non si è occupato solo della regia ma ha scritto anche la sceneggiatura e ha curato la fotografia.
Il film, è stato premiato a Nantes (premio speciale della giuria) a Berlino (premio Caligari) e ad Instanbul (premio Fipresci). |