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Recensione: Città nuda

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Città nuda
titolo originale Apo tin akri tis polis
nazione Grecia
anno 1999
regia Konstantin Giannaris
genere Drammatico
durata 94 min.
distribuzione Teodora Film
cast P. Chartomatsidis (Panagiotis) • S. Papadopoulos (Sasha)
sceneggiatura K. Giannaris
musiche A. Daoutis
fotografia G. Argiroiliopulos
montaggio I. Spillopoulou
media voti redazione
Città nuda Trama del film
Raro esempio nella cinematografia greca di un regista, giovane e validissimo, che non vuole fare il poeta ma raccontare una storia contemporanea con taglio veloce e incisivo senza negare ai personaggi lo loro dignità in un ambiente che di umano ha molto poco. Giovani "russi del Ponto", originari della costa del mar Caspio, arrivati dopo la dissoluzione dell'Urss nella periferia di Atene, non più russi ma neppure greci. Sradicati culturalmente e socialmente sono pronti a tutto per fame di ricchezza e eccesso di povertà. Sasha, il loro capo diciassettenne, accetta di sorvegliare Natasha, una giovane prostituta russa, divenuta un oggetto di proprietà del suo protettore. Per avidità o forse anche per amore, tenterà di fuggire con lei.
Recensione “Città nuda”
a cura di Andrea Olivieri  (voto: 7)
Di chiara ed esplicita ascendenza pasoliniana, "Città nuda" racconta le vicende di un gruppo di adolescenti in un quartiere periferico di Atene, tutti appartenenti a famiglie greche emigrate in Russia e ritornate in patria alla caduta del Muro, quando i personaggi erano ancora dei bambini.
Legami, valori, sangue e crisi sono i cardini delle vicende che vedono protagonisti questi adolescenti, alle prese, per la prima volta, con una realtà che arriverà a cambiarli.
Il regista greco, firma un'opera dalle tematiche classiche ma formalmente moderna e personale.
La lotta titanica per la sopravvivenza, l’epica dei miserabili, l’odissea del protagonista più in fuga dallo squallido presente che alla ricerca di un futuro stabile e ben delineato.
L’ambiente in cui si svolge la vicenda, un’umida e desolante periferia di Atene dove si sono stabiliti gli emigrati russi dopo la caduta del Muro, è un habitat destinato alla tragedia, dove ogni essere umano ha la possibilità di cambiare il corso del proprio destino soltanto in peggio; dove i sentimenti devono essere celati; un mondo in cui l’adolescenza “bruciata” lascia come unica dote l'illusione: quella dei “soldi facili”.
Tuttavia le novità più rilevanti sono stilistiche: Giannaris frammenta in special modo l’unità di spazio e d’azione.
Questa frammentazione contribuisce soprattutto nella prima parte al realismo di stampo documentaristico, quando la finalità del regista è quella d’introdurre i personaggi, le loro peregrinazioni.
Così seguiamo i personaggi come da una telecamera nascosta, spiamo i loro volti in intensi primi piani, osserviamo ogni loro comportamento in gruppo.
Mentre nella seconda parte, oltre al tradizionale ma efficace utilizzo del montaggio nel seguire parallelamente il tragico evolversi del destino degli amici, il realismo è squarciato da folgoranti scene visionarie e surreali.
Per quanto sia molto interessante lo spunto di seguire questi ragazzi nella loro quotidianità in una cultura ospite, qualche dubbio rimane; la regia intenta a seguire parallelamente più storie, sviluppandole e giungendo ad una sorta di olocausto finale, non riesce davvero a fondo a scendere nelle psicologie dei singoli personaggi, a volte più comodamente ridotti a stereotipi.
Comunque le imperfezioni sono ben poca cosa rispetto ai meriti di "Città nuda", che rimane un film coraggioso, duro e reale come se ne vedono pochi.
Una storia profondamente cinica e al tempo stesso profondamente morale. Straziante e comica.
Sconvolge ma non è mai offensiva verso i suoi "eroi", così disperatamente "umani", nonostante i loro vizi e i loro errori.
Konstantin Giannaris girò nel 1990 un documentario di 25' minuti intitolato "A Desperate Vitality - The Films of Pier Paolo Pasolini", a dimostrazione di un genuino amore nei confronti del nostro scrittore, poeta e regista.
Presentato al Festival di Berlino 1999, "Città nuda" si aggiudicò il Premio per la miglior regia al Festival di Salonicco 1999.
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