Aki Kaurismaki fa morire il suo protagonista dopo meno di cinque minuti. Cineasta pessimista per eccellenza, disincantato osservatore dell'emarginazione umana, Kaurismaki ha sempre ritratto personaggi disperati o improbabili, sempre destinati alla sconfitta e all'indifferenza. Non cambia stavolta, ma imprime una diversa, all'apparenza sorprendentemente leggera, direzione alla sua storia. M., infatti, si rialza di colpo, si raddrizza il naso ed esce dall'ospedale. Andrà a vivere in una bidonville fatta di container abbandonati in riva al mare, in mezzo ad altri "sguardi" dimenticati da tutti. M., che non ricorda niente di sé, sperimenterà le conseguenze dell'amnesia sulla sua pelle. Ma non c'è tristezza o disperazione tra i rinnegati. M., infatti, aiutato da Irma, un'assistente sociale e grazie all’ospitalità degli occupanti, prenderà in mano le redini della sua vita, trovando un impiego, una sua dimensione e infine una nuova identità.
"L'uomo senza passato" riversa nel ritmo decrescente e in un suggestivo silenzio, i prodotti della sua cinefilia avida e convulsa, che attinge innanzitutto dal melodramma, poi dal muto, dalla commedia e dalla satira; descrive ancora un luogo d’indeterminatezza ritagliato ai margini della miseria sociale: una povertà che, nonostante tutto, non intende arrendersi ad un’esistenza il cui ricordo rischia la graduale obliterazione.
Si tratta dunque di un'opera di pura invenzione sul mondo contemporaneo, di una fiaba il cui contesto può essere verosimile ma il cui sviluppo è indiscutibilmente "irrealista". Il mondo vero, purtroppo, è quello delle prime sequenze, il resto è, appunto, un'illusione: i colori stessi sono quelli di un sogno ovattato.
M. è morto subito e il film è la storia del suo ritorno tra i vivi. Solo attraverso l'occhio del morto possono apparire con evidenza l'idiozia delle istituzioni e la purezza dei sentimenti di solidarietà tra i diseredati.
Un atto di fiducia, irrefrenabile, nella dignità dell'individuo; nelle sue vicissitudini, anche le più dolorose, le più incomprensibili. Una commedia pastello e piena di speranza, dove la vita è riscrivibile nel cinema, in una sorta di realismo anti-virtuale.
Un mondo a parte quello di Kaurismaki. Un'umanità alla Charlie Chaplin, di poche parole, impermeabile, indolente, toccante.
Gran Premio della Giuria e premio alla migliore interpretazione femminile a Kati Outinen al Festival di Cannes (2002). |
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oddio sempre lo stesso kaurismaki, ritmi, silenzi, però lo sguardo è notevole, ogni volta intenso.
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''n atto di fiducia, irrefrenabile, nella dignità dell'individuo;'' l'essenza del film.
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