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Recensione: Tuttotorna

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Tuttotorna
titolo originale Tuttotorna
nazione Italia
anno 2005
regia Emiliano Cribari
genere Drammatico
durata 94 min.
distribuzione Cecchi Gori Distribuzione
cast E. Renai (insegnante) • F. Rizzoli (Vito) • C. Fassio
sceneggiatura E. Cribari
musiche L. Piggici
fotografia C. FioravantiF. TatiniS. Pinzani
montaggio E. Cribari
media voti redazione
Tuttotorna Trama del film
Vito, regista siciliano, sta girando un film autobiografico ma estremamente frammentario, senza un tema comune, drammatico e comico allo stesso tempo. Prima che il film sia finito gli attori si ribellano, e va tutto quanto a monte. Prima di abbandonare, però, Vito gira un’ultima scena...
Recensione “Tuttotorna”
a cura di Glauco Almonte  (voto: 6)
Tuttotorna, secondo lungometraggio di Emiliano Cribari, è un lungo monologo, quasi un flusso di coscienza, sotto forma di film: l’unica, vera voce narrante è quella di Vito, protagonista dei propri ricordi, del proprio passato che cerca di esprimere nel suo film. Un film sconclusionato, senza capo né coda, dove immagini e parole hanno un peso sproporzionato e non riescono a fondersi, a ricreare l’unità di partenza, l’unità perduta, o forse l’unità mai esistita: il senso della vita.
Così come lo spettatore, la troupe di Vito ammette di non capirci nulla, dando finalmente vita al film nel film, fino a quel momento mascherati l’uno dell’altro. La realtà, quella di un regista per il quale bellezza ed armonia sono sufficienti ad esprimere il senso di un film, quella di attori che chiedono logica e coerenza in virtù della serietà dell’arte, è diametralmente opposta alla finzione del film di Vito, esageratamente fuori dagli schemi, esageratamente poetico, esageratamente irreale nella sua pretesa di rivelare un mondo sconosciuto al mondo stesso.
Ma il sollievo che si prova nell’accorgersi del semplice parallelismo di due strade che si erano credute coincidenti non deve ingannare: per quanto abbia sbagliato forma, Vito è riuscito a comunicare nel suo film incompiuto la sua idea di vita, da spettatore del circo delle esistenze altrui – e della propria.
“La nostra infanzia ci condiziona per sempre”: all’infanzia tutto torna, e all’infanzia torna Vito prima di chiudere il cerchio della propria vita.
I toni eccessivi della prima parte del film (in realtà oltre due terzi della durata totale) perdono ogni connotazione negativa nel momento in cui l’inganno scenico viene alla luce: il giudizio si sposta dal regista vero a quello finto, è lui che dovrà rispondere ai ‘perché’ degli spettatori, le cui difese sono assunte dalla troupe.
L’eco di una quantità industriale di parole, di quelle piene quanto di quelle vuote, si smorza nel mutismo di Vito, con un ultimo guizzo nell’annuale eccidio del tempo che si trasforma nell’improvviso eccidio della vita e del suo senso.
Il resto è amore (grande) per la Sicilia, per ciò che lascia negli occhi e nella memoria, e il rammarico per una risposta che non giungerà mai.
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