“Chi non desidera nulla non può fallire…”
Livido, tetro, come gli occhi di Tommaso dopo essersi messo una dose in vena; lento e nichilista, come la droga che scorre nel sangue di chi non ha né fretta né paura… Un ritratto oscuro e senza spiragli di luce di un ragazzo come (purtroppo) tanti altri, di quelli che magari incrociamo per strada, mentre si vanno a comprare una siringa in farmacia; di quelli che hanno tutto, ma ai quali questo tutto, in fondo, non interessa. Non importa che il padre provveda a tirar fuori il figlio dal carcere, che possa dargli una laurea e un posto di lavoro, che possa garantirgli un futuro sereno economicamente, perché tutto ciò che è materiale diventa immateriale se non gli si dà un’anima, un pensiero, uno scopo. Droga e dolore sono gli unici comuni denominatori in grado di veicolare sentimenti e sintonia verso altre persone, tutto intorno è silenzio, incomunicabilità. Dodo Fiori riesce a rappresentare questa solitudine angosciante, ma non a psicoanalizzarla, il suo viaggio si ferma a metà, e la fotografia che ne viene fuori è sbiadita nonostante la drammaticità del soggetto. |