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La tragicomica avventura della famiglia Hoover, una combriccola di bizzarri personaggi saliti a bordo del loro pulmino Volkswagen per accompagnare la piccola Olive, di soli 7 anni, al concorso di bellezza 'Little Miss Sunshine'. Della spedizione fanno parte: papà Richard, gran motivatore; mamma Sheryl con suo figlio Dwayne, deciso a restare in silenzio finché non riuscirà a diventare un pilota militare, e il fratello di lei Frank, reduce da un tentativo di suicidio; e per finire il nonno, espulso dalla casa di riposo perché scoperto a fare uso di sostanze stupefacenti... |
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In una società ingorda (e obesa!) di tanti miti televisivi e ideologie alienanti come “l’essere i più belli a tutti i costi” e “vincere, sempre, perché altrimenti non sei nessuno”, ecco una storiella simpatica ed intelligente diretta dai coniugi Jonathan Dayton e Valerie Faris.
Protagonista è la famiglia Hoover: un padre al limite dell’idiozia che promuove il suo programma in nove passi alla ricerca della felicità; un figlio che legge Nietzsche e non parla da nove mesi; una bambina che vuole diventare una miss; un nonno erotomane che sniffa eroina; uno zio che ha appena tentato il suicidio e una mamma che sembra l’unica persona normale in mezzo a tanta eccentricità. Sotto forma di road-movie, si seguono le loro (dis)avventure a bordo di uno scassato pulmino della Wolkswagen, che dovrà portarli a Redondo beach dove si svolgerà un concorso di bellezza per bambine. Si susseguono senza sosta scene divertenti e quasi grottesche, ma anche altre drammatiche e amare, che col passare del tempo cambieranno radicalmente i protagonisti. Un viaggio nel viaggio insomma, durante il quale ognuno dovrà scontrarsi con la propria coscienza e il proprio io, per quanto bizzarro o politicamente scorretto che sia. La narrazione scorre via senza intoppi, piacevolmente e senza passi falsi, soprattutto grazie ad un cast di rispetto e ben affiatato. Tra le scene da ricordare quella del poliziotto e del nonno in ospedale, oltre ai dieci minuti esilaranti conclusivi, massimo esempio del “messaggio” degli autori.
Infine, uno spunto di riflessione. Ultimamente moltissimi dei film americani più apprezzati da critica e pubblico sono commedie che sbeffeggiano famiglie-tipo a stelle e strisce, documentari (da Moore in poi) che chirurgicamente ci mostrano risvolti inquietanti di una realtà sempre più mediatica e virtuale, thriller che raccontano storie torbide di potere e soldi (vedi Syriana…). Persino i cartoni animati, se così si possono ancora chiamare, hanno nel loro essere sarcastici ed irriverenti verso la società americana la loro chiave del successo. Pensiamo ai Simpson..
Non c’è qualcosa di imbarazzante e perverso in tutto questo?
Presentato a Locarno 2006. |
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Commenti del pubblico |
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