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La doppia vita di un cristiano apostata convertito all'Islam che dietro l'apparenza di un insospettabile commercio di pietre preziose con l'Afghanistan e la Turchia nasconde la sua appartenenza a una cellula 'dormiente' di Al Qaeda. Il suo compito è quello di applicare la "strategia della colomba" che consiste nel sedurre una ragazza per trasformarla in un inconsapevole vettore di morte... |
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Renzo Martinelli non smentisce la sua storia di scomodo regista “politico” con la sua ultima pellicola, realizzata perseguendo i suoi obiettivi creativi senza tenere troppo conto dell’opportunità di trattare senza filtri di sorta un tema impegnativo come quello del terrorismo islamico. La determinazione a girare “Il Mercante di Pietre” lo ha spinto a impegnarsi in prima persona anche nella fase produttiva (attraverso la Renzo Martinelli Group), conscio del resto (andrà detto) della capacità del film di autopromuoversi semplicemente sfruttando il predominio quotidianamente replicantesi del tema su tutti i mezzi di informazione. E non a caso sulle locandine promozionali campeggiano il primo piano e il nome di Harvey Keitel, volto noto di Hollywood e sicuro veicolo di attrazione per il pubblico.
La scelta del regista italiano è in parte discutibile: infatti, sebbene sia sicuramente importante la presenza di una voce fuori dal coro nel panorama dei film, non solo italiani, sull’argomento, è anche vero che più di una volta la sceneggiatura e in generale la struttura del “Mercante di Pietre” danno la sensazione di essere, per così dire, a tesi. Manca completamente il confronto di opinioni, la divisione in “buoni” e “cattivi” è data senza alcuna sfumatura e l’evolversi degli eventi porta lo spettatore davanti a un muro invalicabile; quello che lo separa dai musulmani fondamentalisti, irredimibili nemici del mondo occidentale (tanto è vero che l’ultimo, disperato tentativo di ribellione di Keitel è punito con il sangue). Non casualmente Martinelli è stato fortemente criticato e minacciato addirittura nella sua incolumità fisica dopo le prime indiscrezioni sulla pellicola.
Ma ciò pesa solo in parte sul giudizio del film, al quale non si potrà certo chiedere un confronto equilibrato tra posizioni diverse, come si potrebbe volere da una tribuna elettorale; l’artista si esprime coi suoi strumenti per comunicare sensazioni piuttosto che per analizzare lucidamente un problema. E infatti è dal lato artistico che il film risulta disuguale. Gli elementi amorosi, sia nel racconto della crisi del rapporto tra Alceo e Leda, sia in quello della passione tra Leda stessa e il Mercante, sono convincenti; quelli giallo-thriller un po’ meno (con alcune incongruenze e invero-simiglianze). La regia è ricercata, ma cede in diversi casi a virtuosismi puramente esornativi, slegati da ogni esigenza narrativa. Nessuno degli attori concede un’interpretazione indimenticabile, anche se sia Jordi Mollà (Alceo) che Keitel sono perlomeno discreti. Fortunatamente, il tema politico non è invadente come ci si aspetterebbe; ci si può lasciare coinvolgere da un film di azione, non peggiore della media del genere. |
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Commenti del pubblico |
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