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2027. La razza umana sta per estinguersi perché da 18 anni non nascono più bambini e la scienza non riesce a capire la causa dell'infertilità che dilaga nel mondo. In una Londra infestata da frange nazionaliste violente che vorrebbero mandar via dall'Inghilterra tutti gli immigrati, Theo Faron, attivista pacifista diventato semplice burocrate, si trova coinvolto insieme alla ex-moglie rivoluzionaria, Julian, nel salvataggio e nella protezione di una donna rimasta misteriosamente incinta che potrebbe portare un barlume di speranza per la continuazione della specie umana... |
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La terra nel 2027 è un pianeta senza futuro e senza speranza. Sono passati 19 anni da quando nacque l’ultimo figlio, poi parchi, strade, case, scuole non hanno più sentito voce di bambini, e uno strano silenzio è calato sul mondo. A questo silenzio gli uomini rispondono con raffiche di fucili ed esplosioni di bombe, simboli di un’umanità caduta irrefrenabilmente verso nichilismo ed anarchia. Tutto è caos, disperato e violento, al quale nessuno sembra essere capace di reagire. L’inizio del film è all’insegna di un pessimismo simile a quello de L’esercito delle dodici scimmie o V per vendetta, e i primi minuti sono sconvolgenti, con una Londra lurida e grigia, quasi a ricordare quella della rivoluzione industriale. La popolazione si divide tra chi si abbandona alla disperazione e chi continua a lottare per tenere la speranza in un Ordine ristabilito. La lotta tra il Caos e la Fede. In questo contesto Theo, un grigio burocrate ed ex-attivista disilluso in stato di paralisi emozionale, si trasformerà in eroe ordinario in un contesto straordinario, accettando di accompagnare una giovane immigrata in cinta di otto mesi al Progetto Umano, una organizzazione che non si capisce cosa sia ma che è legata agli attivisti che cercano di salvare il mondo. Sì perché ormai il mondo è alla deriva, e non per via di un virus letale o di un’onda anomala, né per un attacco alieno o un cambio climatico improvviso; paradossalmente questo futuro (non poi così lontano) è figlio dell’uomo, e genera effetti che poi tanto fantascientifici non sono. La politica fascista e antirazziale britannica non sembra irreale, così come le torture (gratuite) ai rifugiati disperati in attesa di essere rimpatriati (una scena in particolare ci ricorda l’orrore dei militari americani in Iraq). Tanto meno irreale sembra la netta divisione venutasi a creare tra ricchi e poveri, entrambi ghettizzati, ma gli uni in splendidi edifici pieni di opere d’arte e in quartieri con grandi parchi (e prato rigorosamente all’inglese), gli altri per strada in mezzo al fango e alla sporcizia. Sta qui il grande merito di Cuarón, il quale più che ricercare effetti speciali e colpi di scena, tende a (far)riflettere sul presente proponendo una storia in un futuro di guerra, inquinamento, razzismo e violenza. Un film da vedere, che può contare su alcuni momenti drammatici girati molto bene, come quando la telecamera a spalla (insanguinata) segue da vicino il protagonista durante gli scontri tra esercito e ribelli in mezzo alle macerie che ricordano Belgrado o Baghdad, ma che troppo spesso è confuso e superficiale. Cuarón è indubbiamente bravo a districarsi tra generi diversi tra loro, così come a non essere banale in un genere catastrofico come questo, ma è assente completamente uno spunto, qualcosa di speciale che graffi in profondità e valga la pena di essere ricordato, e neanche la bellissima fotografia di Lubezki, vincitore a Venezia, riesce a sopperire ad una sostanziale approssimatezza con la quale viene portato sul grande schermo il romanzo di P.D James. |
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Commenti del pubblico |
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Il film, pur nella sua oscura crudeltà, sembra voler consegnare una brutale e sofferta spiritualità, che tocca le corde della crisi epocale di oggi in cui la riproduzione umana, uno dei "compiti" di ogni essere vivente è diventata un sogno. Notevole la simbologi a della "fuga in Egitto" di Maria profuga, una come tante ieri oggi e sempre sui barconi del nostro mare...
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Dal romanzo di P.D. James, un apocalittico thriller dalle atmosfere inedite: la cinepresa del regista segue Theo, il protagonista, in un futuro sporco, grigio, violento e realistico, e assieme a lui lo spettatore vive bellissime scene di tensione, rocamboleschi inseguimenti e sanguinolente battaglie stradali. Cuaron, con uno stile visionario incredibile, realizza uno sci-fi anomalo senza tralasciare i personaggi e grazie al contributo del direttore della fotografia Lubezki realizza tra i piu' belli e virtuosi piani sequenza degli ultimi anni (su tutti la fuga in auto tra i boschi e la sparatoria appena prima del finale) affiancandoli a intense scene piene di poeticita' (la discesa dalle scale e le inquadrature finali), facendo de I Figli degli Uomini un'esperienza visiva ed emotiva.
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Claustrofobico, buio, cupo come un futuro in cui non ci sono più bambini, in cui non c'è più speranza.. girato benissimo.. ho sofferto con i personaggi durante la guerriglia.. e poi quei piani sequenza.. da vedere tutto d'un fiato!
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Sottovalutato (e spesso sopravvalutato) thriller fantascientifico, che ha nella messa in scena (cospicuo bidget) il suo punto di forza, un superbo lavoro di scenografia e fotografia che ricostruisce perfettamente la cupa atmosfera di un futuro distopico curato nei minimi dettagli. Il principale difetto è la superficialità tematica, il modo sbrigativo di proporre interrogativi sulla società attuale e il suo possibile declino, cosa che il libro invece metteva in primo piano. Aggiungo tre note positive: il cast, la regia (che passa dal reportage di guerra a lunghissimi piani sequenza) e il ritmo, che non cala mai. Affascinante e coinvolgente, se cercate messaggi forti e poeticità non siete nel posto giusto.
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Secondo me uno dei migliori film del genere distopico. Colpisce e fa riflettere senza mai uscire fuori dalle righe- e, per film del genere, la cosa non è assolutamente facile. Girato benissimo, a mio avviso molto sottovalutato.
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