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Recensione: La commedia del potere

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La commedia del potere
titolo originale L'ivresse du pouvoir
nazione Francia
anno 2006
regia Claude Chabrol
genere Drammatico
durata 110 min.
distribuzione Bim Distribuzione
cast I. Huppert (Jeanne Charmant) • F. Berléand (Humeau) • P. Bruel (Sibaud) • R. Renucci (Philippe Charmant) • M. Canto (Erika) • T. Chabrol (Felix)
sceneggiatura C. ChabrolO. Barski
musiche M. Chabrol
fotografia E. Serra
montaggio M. Fardoulis
uscita nelle sale 6 Ottobre 2006
media voti redazione
La commedia del potere Trama del film
Il magistrato Jeanne Charmant è chiamata ad investigare su un delicato e scandaloso caso di appropriazione indebita e malversazione di denaro pubblico da parte di un facoltoso industriale. Nomi, cognomi, capi di imputazione e dossier vengono a galla facendo cadere alcune alte cariche dell’organizzazione. In realtà il tema di fondo è sempre lo stesso: lo studio dell’umanità attraverso i suoi comportamenti e i suoi abiti mentali...
Recensione “La commedia del potere”
a cura di Glauco Almonte  (voto: 6,5)
deliri
e lenti ritmi sotto il giorno rutilante,
più forti dell'alcol


Il quieto scorrere della corrente, una rotta mantenuta per inerzia: l’uomo di cui parla Chabrol non è in grado di attendere il suo porto, ma si fissa in testa un obiettivo e inizia una corsa alla cieca, nella quale l’ambizione annebbia la vista come se un fiume d’alcol scorresse di sotto, e poi attorno, fin dentro le sue vene.
L’ebbrezza del potere è vissuta fondamentalmente in due modi diversi, tra chi programma la propria ascesa e chi si trova ad assaporarla all’improvviso; nell’esercizio improprio, però, sembra quasi non esserci differenza tra il pubblico ministero che si scaglia sulla preda ormai allo scoperto, avido di sangue e successo, e politicanti corrotti, presidenti che rubano, magistrati conniventi.
Di fronte all’uomo c’è uno specchio distorto, che rimanda indietro la sua immagine ma non gli permette di rendersi conto di cosa sia diventato: Jeanne è una macchina che va da sola, ormai, come un battello che ha rotto gli ormeggi e si gode un’inebriante sensazione di potenza e libertà (la metafora è suggerita da due immagini, oltre che dal titolo originale dal velato eco rimbaudiano – non può essere un caso, tre anni dopo il riferimento a Baudelaire ne “La Fleur du Mal”). Non parla più di legge, ma di sé e dell’obiettivo di far naufragare chi si crede inaffondabile.
Il naufragio più eclatante è il suo, con i nervi del marito che cedono quando si scopre impotente in un’orgia di potere: la sua è la tragedia del potere, e Jeanne è la sua aguzzina non meno di quanto si sforzi di esserlo per Gerard o per Jules.
Cosa ci sia dietro a questa visione dell’uomo non è chiaro: Chabrol abbozza una società corrotta in ogni suo aspetto senza analizzarla, adagiandosi su un luogo comune oggettivamente verosimile, prendendolo però per assioma e costruendo su di esso, senza degnarsi di darne una dimostrazione, tutto il suo discorso. Ne esce fuori un’inutile, amara considerazione su un mondo che è quello rappresentato, sul pretesto e non sull’oggetto della storia, un assurdo concettuale che costringe ad un passo indietro per tornare ad una comunicazione efficace. Si torna all’essere umano, dunque, al centro di un film cucito addosso ad Isabelle Huppert, voluto da Chabrol su misura per la sua musa: le forzature nella narrazione passano in secondo piano quando un suo strumento, l’interprete, offusca tutto il resto, al punto di permettersi un’uscita di scena al pari del battello più volte evocato. Il potere, l’ebbrezza, il film stesso: “Je ne puis plus”, vorrebbe dire. Lo dice.
Commenti del pubblico







Ultimi commenti e voti
Medaglia d'Argento (106 Commenti, 59% gradimento) cartillo Medaglia d'Argento 15 Settembre 2011 ore 12:49
voto al film:   7

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