|
|
Jackie contrabbanda denaro per conto del trafficante d'armi Ordell Robbie. Un giorno però, all'aeroporto, viene incastrata da due agenti e arrestata. Ordett si rivolge allora a Max Cherry, esperto e comprensivo garante di cauzioni, che riesce a far scarcerare Jackie, che nel frattempo si era messa a collaborare con la polizia... |
|
|
|
Tarantino approda al suo terzo film con all’attivo il credito che i suoi lavori precedenti hanno riscosso presso sia il pubblico che la critica, e quindi anche gravato dell’onere di riconfermare i risultati riconosciutigli unanimemente. Forse anche per aggirare tali difficoltà il regista americano sceglie con “Jackie Brown” di modificare il percorso fin lì intrapreso e di fare un cinema in parte diverso da quello battezzato, forse prematuramente, col suo nome; in particolare, rinunciando all’esibizione della violenza e al montaggio creativo che destruttura l’unità cronologica della narrazione, come rispettivamente ne “Le Iene” e in “Pulp Fiction”. In “Jackie Brown” c’è invece un ritorno a un prodotto pre-innovativo, una sorta di prova d’autore in cui Tarantino esibisce la sua capacità tecnica nel realizzare un film di genere, ma non ripropone quella rottura con il cinema precedente che è stata tra i motivi determinanti del suo successo. La struttura narrativa del film è infatti quella classica dei polizieschi d’autore, o del noir holliwoodiano, che peraltro Tarantino ricava da un romanzo di Elmore Leonard; e anche la regia si concede rari virtuosismi, assecondando fluida lo svolgersi del racconto.
Detto questo, “Jackie Brown” è un film ottimo. La sceneggiatura è congegnata perfettamente, senza sbavature, ed è anche piacevolmente “tarantineggiante” quando descrive da angolature diverse lo scambio delle buste col denaro nella scena al centro commerciale, per mostrare il punto di vista di tutti i personaggi (usando le indicazioni dell’ora per impreziosirla ancor di più). I protagonisti restano facilmente in mente, sia per la bontà delle caratterizzazioni che per la bravura degli attori, in particolare per la straordinaria interpretazione di Pam Grier (che Tarantino ripesca dritta dai film blaxploitation anni ’70) e di quella, altrettanto meritevole di menzione, di Samuel L. Jackson; ma ci sono anche le ottime caratterizzazioni di contorno, per le quali il regista può contare, grazie al prestigio conquistato colle opere precedenti, su nomi importanti (Michael Keaton, Robert De Niro, Bridget Fonda). I dialoghi sono la cosa più simile a quanto il regista aveva fatto in precedenza: articolati, ricchi e intelligenti, sono uno dei momenti centrali del film. La regia è all’altezza del resto, con una predilezione per morbidi piani-sequenza che accompagnano lo spettatore per tutto il racconto (uno, bellissimo, nella scena in cui Ordell si libera del malcapitato Beaumont dopo averlo fatto uscire su cauzione) e che danno un complessivo senso di armonia e unitarietà ben diverso dalla disarticolazione e dalla vertigine che comunicavano i due film precedenti. In definitiva, pur non essendo un film “alla Tarantino”, “Jackie Brown” è un bel film di Tarantino. |
|