Tratto dall’omonimo libro di James Ellroy, "The Black Dahlia" è l’ultima fatica di Brian De Palma. Il film, così come il libro, prende spunto da un fatto di cronaca nera americana mai risolto realmente avvenuto nella Los Angeles di fine anni quaranta: il brutale assassinio dell’attricetta Betty Ann Short, soprannominata Dahlia Nera per il suo abbigliamento, che segnò profondamente l’infanzia dello scrittore portandolo, adulto, ad esorcizzare le sue angosce più profonde intrecciandole in un romanzo al fatto reale. De Palma raccoglie le pagine di Ellroy e porta sul grande schermo un noir d’altri tempi, a tratti thriller psicologico.
Lee Blanchard e Bucky Bleichert sono due ex pugili ora in forze nella polizia di Los Angeles. I due, compagni sul lavoro, condividono anche la vita privata e l’amore di Kay, compagna di Blanchard, candida figura opposta all’oscura Madeleine, altro personaggio che si inserisce nella storia in seguito alle indagini ed inizia una morbosa relazione con Bucky. Su tutto la presenza della Dahlia Nera come ossessione per gli investigatori, tanto che Blanchard, Mr. Fuoco, perderà il controllo e la ragione, mentre Bucky, Mr. Ghiaccio, la cercherà inconsciamente fra le braccia della somigliante Madeleine.
"The Black Dahlia" è l’affresco di un’epoca, l’America del dopo guerra, dove tutto era riposto sulle spalle di singoli uomini e donne, l’America della nascente Hollywood, con tutte le sue speranze e tutte le sue disillusioni, il mondo in cui si muoveva Betty, lo stesso mondo che la schiaccò.
I due eroi caratterizzano le due facce di una stessa medaglia compensandosi, sono Fuoco e Ghiaccio, Aaron Eckhart aggressivo ed impetuoso con i suoi occhi scintillanti, Josh Hartnett riflessivo, sempre con una sigaretta fra le labbra, da buon detective d’altri tempi, a tratti quasi ingenuo a seguire le trame ordite dagli altri personaggi.
Le donne invece, seppur bellissime, sembrano relegate a degli a parte spesso slegati dalla storia. Ed infatti, se nulla si può dire alla bravura registica dell’ormai consacrato De Palma, capace di rendere magistralmente atmosfere e stati d’animo, la storia nella totalità sembra allargarsi e moltiplicazione per perdersi e far perdere, si cerca di dire troppo e si finisce per dire frettolosamente poco in un finale molto diretto con la messa al muro degli imputati e l’intreccio svelato da un discorso, quello di Bucky, che, come con i suoi pensieri nell’arco della storia, diventa voce narrante accompagnandoci nei punti più complicati.
La Dahlia non è realmente presente nell’azione, eppure è lei a regalarci le pieces più struggenti nei provini che Bucky visiona nell’arco dell’indagine, mostrandoci a posteriori la fragile Dahlia Nera.
Se molto si è detto nel prologo, anche eccessivo, per presentare i personaggi, l’epilogo sfrutta male gli spunti possibili, la tensione e la carica da thriller psicologico data anche grazie a citazioni ed ammiccamenti che lo stesso De Palma si fa. Magistrale l’inserimento de "L'uomo che ride" di Paul Leni, film muto del 1928, a richiamo de "L’homme qui rit" di Victor Hugo, citato da Ellroy e chiave di lettura dell’intrigo. |