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Remy è un topolino della campagna francese, ha la passione per le cose buone e il sogno di diventare un vero cuoco. Lascia la provincia per trasferirsi a Parigi, nei sotterranei di uno dei più importanti ristoranti della città, reso famoso dal grande chef Auguste Gusteau. Per Remy la vita è dura, ogni giorno rischia di prendersi un coltello nella schiena, un mestolo sulla testa, una forchetta su un orecchio, ma le cose sembrano cambiare quando Remy crea per Gusteau una zuppa che viene elogiata dai maggiori critici culinari di tutto il mondo. |
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L’animazione digitale della Pixar conferma di nuovo di non condividere quasi nulla delle banalità, melensaggini e luoghi comuni di un cinema d’animazione cui almeno noi eravamo abituati; un cinema fatto e pensato solo per bambini, che con tutta la buona volontà un adulto non poteva salvare. E allora noi recensori, un po’ imbarazzati a dover dividere la sala con un pubblico tutto fatto di ragazzi sotto i vent’anni, restiamo alla fine con la sensazione di essere tra i non molti ad averlo capito ed apprezzato fino in fondo. “Ratatouille”, sull’esempio degli altri prodotti della casa, da “Monsters & Co.” a “Gli Incredibili” a “Finding Nemo”, non si limita a raccontare una storia divertente, ma vuole veicolare allo stesso tempo un messaggio etico e un criterio estetico. La trama (lo sceneggiatore, anche regista, è Brad Bird, lo stesso de “Gli Incredibili”, e si vede) è già di per sé geniale: un topo, Remì (ovviamente francese) con un talento e grandi aspirazioni da chef, che si avvicina agli uomini perché affascinato da quella che ritiene la loro irripetibile unicità, la fantasia creativa. Nella sua ambizione egli è guidato dal suo mentore spirituale, lo chef Gusteau, latore di un messaggio di speranza e democrazia: tutti possono cucinare. Quindi, anche un topo (purchè tenga pulite le zampe anteriori…). Questo atto di fiducia nel mondo, questo rifiuto del pregiudizio (non estremizzato: quando si scopre che la cucina di Gusteau è in mano ai ratti le reazioni dei protagonisti sono le più umane) è già un tesoro in un film che potrebbe accontentarsi di molto meno. Ma c’è dell’altro. C’è una visione del mondo molto “adulta”, che non ha problemi a parlare di amanti e figli illegittimi, di morte (Linguini è orfano, lo chef Gusteau è morto e appare a Remì come una sorta di fantasma) e di amore (la tresca tra Linguini e Colette). C’è una ironia sottile, le cui vittime sono soprattutto la fame di denaro degli chef più à la page e la glaciale austerità dei critici/giustizieri culinari. Ci sono momenti assolutamente esilaranti e momenti quasi commoventi, tra cui senza dubbio la scena della “conversione” del critico Ego, citazione incredibilmente colta dalle reminescenze proustiane. Esteticamente parlando, il team Pixar ha fatto un piccolo capolavoro; non solo per la bella animazione (i topi sono veramente belli, gli umani un po’ meno), che regala anche un extra fantastico sui titoli di coda, ma per tutto il resto: dalla fotografia alla regia virtuali, tutto indica un lavoro fatto con cura e con senso cinematografico. Forse possiamo sbilanciarci e definirlo senza esitazioni un film d’autore. |
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Il mondo della cucina e' stato di rado preso in considerazione dal cinema. Figurarsi da quello d'animazione. Invece Ratatouille e' una delle punte di diamante della Pixar. Il film di Bird mischia il classico film Disney (l'umanizzazione degli animali protagonisti) con una scatenata commedia ambientando la storia tra i muri di un ristorante. Un ritmo indiavolato, personaggi azzeccati e una sceneggiatura ironica e spigliata ne fanno una vera e propria goduria sia per i piccoli che per i grandi. Bellissime le sequenze in cucina, dove grazie alle musiche, alla simpatia dei protagonisti, ai colori, al sonoro e all'esemplare animazione pare quasi di sentire gli odori dei cibi, il vapore delle minestre, la croccantezza del pane e il profumo dei piatti.
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