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Swan vuole aprire un nuovo music-hall, il "Paradise"; mentre è impegnato a selezionare il complesso per l'inaugurazione, conosc Winslow Leach, un cantante autore di una versione rock del ""Faust". Gli fa firmare un contratto falso, si appropria della sua musica e lo fa rinchiudere a Sing-Sing. Winslow riesce ad evadere e, sfigurato da una pressa per dischi, con indosso una maschera torna al "Paradise"... |
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Nel 1974 De Palma, con già cinque film all’attivo e vicino a centrare il suo primo grande successo di pubblico con “Carrie - Lo sguardo di satana”, decide di girare l’ennesima versione per il grande schermo del romanzo di Gaston Leroux (ma, non contento, inserisce anche numerosi, scoperti rimandi al “Ritratto di Dorian Gray”), riportando però la vicenda ai suoi giorni così da realizzare una sorta di musical rock sgargiante e psichedelico, con la sala da concerti Paradise al posto dell’Opéra e il rock alla Kiss invece della musica lirica. Il risultato è estremamente deludente. La sceneggiatura è frammentata, con salti spericolati, personaggi, come Phoenix (Jessica Harper), abbandonati all’inizio del racconto e imperdonabilmente recuperati solo dopo decine di minuti, e dialoghi sostanzialmente mediocri. Gli attori non forniscono generalmente interpretazioni entusiasmanti, tranne poche eccezioni tra i personaggi di contorno (in particolare George Memmoli - Arnold Philbin, peraltro alla sua prima ed unica apparizione al cinema!). Il film ha poi l’enorme demerito di essere stato girato negli anni 70, e di non essersi saputo discostare dal cattivissimo gusto imperante nel mondo dello spettacolo di allora: a causa di ciò la pellicola accumula un numero quasi insostenibile di acconciature, costumi, scenografie, oggetti di arredamento in grado di nauseare qualsiasi spettatore con un minimo senso estetico. Il kitsch, che in definitiva è forse da attribuirsi in buona parte anche al “gusto” personale del regista, invade tutto e tutti e contribuisce inevitabilmente a rendere brutte le immagini, a scapito del giudizio complessivo sul film.
Ma la nota negativa viene anche e soprattutto dalla regia. De Palma, abile venditore di fumo, racconta sciocchezze sul mondo dello spettacolo e dell’arte, tra qualunquismi (il produttore senza scrupoli che sceglie le coriste portandosele a letto, la cantante disposta a tutto perché accecata dal sogno del successo) e ridicole simbologie (la casa discografica di Swan che si chiama “Death Records”…). Oltre a una citazione inutile di “Psyco” e ai soliti giochini, di cui abuserà nei film successivi, sull’ambiguità della visione e sulla confusione tra immagine e realtà (il pubblico del Paradise applaude lo show senza sapere che le morti che avvengono sul palcoscenico non sono finzione), De Palma non sa evidentemente andare: e anche i, peraltro rari, virtuosismi (ad esempio, Winslow che spia Swan e Phoenix mentre fanno l’amore essendo lui stesso ripreso dalle telecamere a circuito chiuso della villa di Swan) sembrano del tutto gratuiti. E’ stato definito un cult-movie, probabilmente per l’effetto nostalgia che ingenererà negli ultracinquantenni, ma non ci si deve fare ingannare. In confronto, “Moulin Rouge” è un capolavoro. |