"Sogni e pensieri... Come ottenerli incondizionatamente?"
Per le donne tra i 15 e i 44 anni la violenza è la prima causa di morte e di invalidità. "Ti do i miei occhi" analizza questa situazione attraverso Pilar e Antonio e attraverso le persone che li circondano: una madre che giustifica la situazione, una sorella che non capisce fino in fondo, ed un figlio che vede tutto ma non dice niente. Una storia d'amore; di paura, controllo e potere.
La fuga della protagonista Pilar, le sue mani che accudiscono il figlio Juan, l'inverno spagnolo che ricopre con un manto freddo e intimo le membra gelate di un passato funestato dalla violenza del marito Antonio; poi la rinascita, custodita dalla sorella e dalla madre della donna, che osservano, scrutano, pregano.
Lo sguardo di Iciar Bollain non ha contegno, misura, ordine. Brucia i corpi, amandoli in modo forsennato e violento, arrivando all’assoluto partendo dalla cronaca di un fatto.
C’è un corpo martirizzato, una dimensione domestica andata in frantumi, l’alito di vita pressante e violento di un uomo che reclama il corpo della donna amata, i suoi occhi; la fisicità impressionante di questo universo è racchiusa nel bisbiglio dolente e quasi timido di occhi offerti e mai restituiti. Sono quelli di Pilar che si ostina a vivere nella doppia dimensione di un presente negato, quelli di Antonio che reclamano bagliori emozionali mai placati.
Pilar scappa da Antonio è vero, ma non può fare a meno di continuare a fare l’amore con lui, di immaginare la felicità quando la felicità è già lì, riposta nel ritmo convulso di due cuori asincroni, eppure stranamente uniti, straziati da diversi modi di percepire il tempo.
“Ti do i miei occhi” non è un’invocazione, né un gemito, ma il calore di un occhio che non si basta più. Esige un mondo, un corpo da toccare, un respiro da sentire, un sogno da rifare.
Premiato al 51mo Festival Internazionale del Cinema di San Sebastian (2003).
Vincitore di 7 premi Goya tra cui miglior attore (Luis Tosar) e miglior attrice (Laia Marull). |