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In seguito alla morte della madre per overdose, Jeliza-Rose è costretta a trasferirsi in una fattoria in campagna per andare a vivere con il padre. Non riuscendo ad adattarsi a questa nuova vita, ben presto la bambina si rifugia in un mondo immaginario, comunicando quasi esclusivamente con le teste di alcune bambole e con una vicina insolita dal volto sempre coperto da un velo da apicoltrice.
Il film è l’adattamento di un romanzo di Mitch Cullin. |
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Sono quasi venticinque anni che Terry Gilliam, in veste di regista, colpisce l’immaginario comune portando puntualmente lo spettatore a nuove riflessioni, con film quasi sempre azzeccati – non si ricorda una sola delusione – e una visione della realtà nella quale si fatica a riconoscere la propria.
“Tideland” è un altro tassello di un percorso che non stupisce, ma si segue sempre volentieri e senza mai pentirsi d’aver investito un paio d’ore.
Jeliza-Rose è una bambina – a occhio avrà una decina d’anni – che attraversa quello che normalmente si definirebbe un incubo: i suoi occhi, a dispetto di quanto farebbe comodo pensare, vedono nient’altro che il mondo, dall’unico punto di vista di cui sono capaci, e ciò che capita non è altro che la realtà alla quale bisogna rapportarsi. Senza drammi.
Con le sue quattro amiche, Jeliza-Rose vive una realtà che la avvicina in più momenti ad Alice (quella di Lewis Carroll, ovviamente): fate, fantasmi, scoiattoli parlanti, bambole animate, il mondo non è altro che la propria rappresentazione. Dall’altro lato della barricata, Dell costruisce il proprio mondo a specchio di quello della novella Alice, ma senza il supporto della fantasia; il trait-d’union tra le due è Dickens, fratello di Dell, con l’immaginazione di un bambino in un corpo da adulto.
Le letture di Jeliza-Rose e lo scoiattolo-bianconiglio richiamano subito allo spettatore l’associazione con ‘Alice in Wonderland’, e la caduta nella tana è un vezzo inutile in una fase così avanzata del film; la comparsa della nonna non sorprende, era una carta così prevedibile che doveva essere giocata prima. Quanto alla camminata nell’armadio, la somiglianza con “Le cronache di Narnia”, è una suggestione dovuta all’uscita molto ritardata di questo film in Italia, mentre in realtà sono stati girati a breve distanza (il discorso vale anche per “Il labirinto del Fauno”, di Guillermo Del Toro).
A parte queste piccole cadute, “Tideland” colpisce, oltre che per la distorta visione della realtà che propone, per una fotografia ispirata ai dipinti di Andrew Wyeth (per la precisione a ‘Christina’s world’), aiutata dall’amenità della location canadese. Il fatto che non sfoci mai nell’horror (la bambina è Jodelle Ferland, protagonista del pessimo “Silent Hill”), tenendosi sempre in bilico tra questo genere e la commedia nera, è un ulteriore merito. |
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Commenti del pubblico |
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Ultimi commenti e voti |
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5,5
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Film tanto fantasioso quanto confusionario, dove la vicenda viene soffocata dal filtro onirico della protagonista sino all'eccesso. La visione scivola via senza particolari sussulti sino alla conclusione, lasciando lo spettatore abbastanza indifferente.
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6
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Il film brilla di invenzioni cinematografiche originali, fantasiose e grottesche, con una buona dose di macabro/noir, molto caro al regista.La realtà degradata, filtrata dal punto di vista di Jeliza-Rose, diventa un universo deformato da esplorare alla maniera di Alice nel paese delle meraviglie, dei cui rimandi il film straborda. Ma i monologhi della protagonista, così come le sue azioni e gli incontri con altri personaggi folli, alla lunga risultano poco convincenti e per nulla coinvolgenti, così come alcune trovate, ampiamente prevedibili( il ritrovamento della "madre" di Dickens, il fatto che Noah e Dell fossero stati fidanzati da giovani).Nella scena finale si intravede la possibilità di un ritorno alla vita reale, dopo il bagno di follia.
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