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Un attore giunto al termine della sua carriera televisiva e padre assente. Tre figlie, sparse per il mondo, che il caso riunisce dopo tanti anni. Tre donne lontane e diverse l’una dall’altra eppure accomunate da una grande forza nell’affrontare le difficili situazioni con cui si trovano a convivere. Al centro della vicenda i loro tentativi di riallacciare un rapporto familiare che per troppo tempo avevano sentito come estraneo nell’atmosfera di una Madrid, una Parigi e una Roma pre-natalizie. |
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Di nuovo un’analisi di rapporti famigliari per il regista Pupi Avati. Resi stavolta in una “commedia sentimentale” insulsa e poco ammirevole. Se nel precedente La seconda notte di nozze, il regista focalizza l’attenzione sul rapporto tra un figlio ormai grande e sua madre, ora al centro della vicenda un «padre totalmente deresponsabilizzato», come lo definisce lo stesso regista: un ironico Abatantuono-Lanza, attore in declino. In una realtà romana fatta di infermiere poco credibili e “gelide” case lussuose, Lanza ri-incontra le sue tre figlie, dopo un mal riuscito intervento di chirurgia estetica che avrebbe dovuto ridare tono al suo volto, ormai non più redditizio in una sfera televisiva di reality e simulazioni. Se nel passato Avati abbozza una pur minima indagine sulle relazioni famigliari, questa ricerca è adesso totalmente assente.
A Madrid: “immagini di Chiara”-Incontrada. A Roma: “immagini di Betty”-Placido. A Parigi: “immagini di Ines”-Sastre. Così il regista ci presenta le tre donne tentando forse di dare all’attacco un taglio poetico e originale. Non sarebbe una cattiva idea, se non fosse sporcata da un’interpretazione che, nonostante le lacrime fugaci, appare quasi del tutto inespressiva. Figure femminili con profondi conflitti interni e difficili realtà con cui dover fare i conti nella sceneggiatura dello stesso Avati: ma personaggi freddi e inconsistenti davanti la macchina da presa. La comicità a volte retorica di Abatantuono salva alcune scene, in una rappresentazione ironica di debolezze e delusioni di un personaggio televisivo ma prima di tutto di un uomo fallito, purtroppo ridondanti fino all’inverosimile; come la scena in cui si toglie gli occhiali-maschera dell’attore e li butta a terra, sull’asfalto, e la voce fuori campo dell’Incontrada che giunge alla fine a riassumere lo stato d’animo di una famiglia paradossalmente ricomposta. Meno imbarazzante l’interpretazione della Neri che in ogni modo non basta a contrastare la sensazione agghiacciante lasciata da Ferrari-marito della Placido, che recita come se leggesse.
La spiritosa filmografia di Lanza sostituisce per un attimo i titoli di coda e va a chiudere finalmente il film. Dovrebbe suscitare il riso?! ...ma non fa che aumentare l’alone di squallore che cresce ad ogni scena: la desolazione di un cinema che non ha più nulla da dire…e continua ostinato a parlare a gran voce. |
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Commenti del pubblico |
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