Asso, scommettitore incallito e infallibile, è l’uomo giusto per le famiglie del mid-west, la loro gallina dalle uova d’oro. Gli viene affidata la direzione di un casinò di Las Vegas, lui deve continuare a fare solo quello che gli riesce meglio: soldi.
Gli viene affiancato un bravo ragazzo, l’amico d’infanzia Nicky, uno che si cura degli interessi della Famiglia, uno con la mano un po’ pesante, ma efficace, l’uomo giusto per proteggere l’investimento dei capi.
La coppia è un meccanismo perfetto, solo una cosa può riuscire ad incepparlo: la fatale Ginger.
Scorsese racconta una storia di gangster, una storia reale, a tratti documentaristica, che racconta la vita di un casinò degli anni ’70, dell’america del gioco d’azzardo nel periodo in cui i “mangia spaghetti” nascondevano le pistole sotto i doppio petti e si reinventavano imprenditori.
La Las Vegas di Scorsese domina il deserto, sola e assonnata nella polvere del giorno, regina scintillante fra diamanti e paillettes la notte. È la Lourdes che ripulisce da ogni peccato truffatori e delinquenti d’ogni specie.
I personaggi sono resi perfettamente dal cast di grandi nomi, con tutte le loro nevrosi e manie, e sono la cosa migliore del film.
Il regista gioca con colori forti e giochi di luce tutto il tempo, quasi stessimo assistendo ad uno spettacolo di teatro dove i riflettori seguono il personaggio centrale della scena, e con le voci fuori campo dei protagonisti, come se la storia, che non è altro se non un lungo flashback, ci venga raccontata dai ragazzi seduti al bancone di un bar, facendoci entrare dentro l’azione.
Nel panorama di film sulla mafia italo-americana non una pietra miliare, ma sicuramente una divertente e piacevole racconto di bulli e pupe che Scorsese sa far rotolare come dadi su un tappeto verde finché la fortuna è dalla loro. |
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