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Recensione: Spasimo

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Spasimo
titolo originale Hets
nazione Svezia
anno 1944
regia Alf Sjöberg
genere Drammatico
durata 101 min.
distribuzione Svensk Filmindustri
cast A. Kjellin (Jan-Erik Widgren) • S. Jarrel (Caligola) • M. Zetterling (Bertha Olsson) • S. Olin (Sandman)
sceneggiatura I. Bergman
musiche H. Rosenberg
fotografia M. Bodin
montaggio O. Rosander
media voti redazione
Spasimo Trama del film
Un professore di latino terrorizza i suoi allievi con la sua severità patologica. In particolare le sue crudeli attenzioni si concentrano su una studentessa che non regge allo stress e muore stroncata da un attacco di cuore. Un amico della ragazza nel cercare di fare giustizia, viene espulso dalla scuola.
Recensione “Spasimo”
a cura di Andrea Peresano  (voto: 6,5)
Il primo approccio con il cinema del grande regista è con la sceneggiatura di questo dramma psicologico della fine degli anni ’40.
La storia dell’ultimo periodo di studio prima del diploma superiore di un gruppo di giovani e in particolare di Jan-Erik Widgren. Una chiara critica alla severità dei sistemi scolastici del tempo e alla rigidezza della società in generale impersonati e estremizzati dalla figura del professore di latino, aguzzino sadico e psicotico soprannominato Caligola, fantasma degli incubi dei suoi alunni. Soltanto un collega più anziano, magnanimo e comprensivo, tenterà di opporsi cercando di aiutare i ragazzi.
Wildgren è un giovane adolescente che si affaccia alla vita con spensieratezza e ingenuità, con tutti i migliori propositi e speranze ed accompagnato dal goliardico e disincantato Sandman. La scura figura del professore risulta l’esatto opposto dei ragazzi a cui, disgustato e invidioso, si oppone egoisticamente, quasi combattendoli.
Entra in scena una donna, la tabaccaia Bertha Olssen, inconsciamente contesa dai due, idealizzata e amata dal giovane studente, terrorizzata dal folle professore.
L’intreccio di queste situazioni spezzerà i nervi del giovane, frustrato dal rapporto con una donna schiavizzata da un altro di cui lui non sa nulla e messo a dura prova a scuola, dove il giovane è impotente davanti all’autorità del professore.
L’opera di distruzione, il tormento alla felicità arriva all’estremo con la morte della ragazza per colpa del troppo alcool assunto e il successivo tentativo dell’aguzzino di incriminare il ragazzo che lo aveva colto sul fatto.
Bergman introduce la musica solo in questi momenti, a sottolineare la tensione, il panico maggiore, e gioca con il tempo esterno per ribadire con pioggia o sole la tristezza o la gioia dei protagonisti, il tramonto preannuncerà infatti la telefonata del diabolico professore e l’inizio della discesa verso il tragico finale.
Non potevamo veder trionfare Wildgren agli occhi della società, sarà espulso e andrà via di casa, ma assisteremo al vecchio mostro supplicare nella sequenza finale l’ormai forte e sicuro uomo di non lasciarlo lì solo nel suo terrore.
Ci troviamo davanti ad un opera cinematografica già straordinariamente completa e matura, con una dinamica eccezionale data da inquadrature e scelte di regia all’avanguardia, se pensiamo che è un’opera prima ed in più del 1947.
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