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La battaglia di Iwo Jima durante la seconda guerra mondiale tra giapponesi e americani raccontata dal punto di vista dell'esercito nipponico, impegnato nel disperato tentativo di non cadere nelle mani del nemico. |
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Sessantadue anni fa americani e giapponesi si scontrarono nella battaglia di Iwo Jima. Clint Eastwood dopo il primo lato “Flags of our Fathers” propone il nemico, il doppio e l’altra visione. Una stessa drammatica storia per due film strutturalmente uguali ma profondamente diversi.
“Flags of our Fathers” è la visione interpretativa di Clint l’americano, “Lettere da Ivo Jima” è l’altra visione, analitica e più profonda. La malinconia, il dolore e l’annientamento della guerra combaciano ma qui Eastwood non giudica ciò che non ha visto o conosciuto, ma si limita ad immaginare e ad analizzare la terribile profondità della guerra, agghiacciante e allo stesso tempo colma di diversità, di emozioni, di caratteri e possibilità narrative.
Ivo Jima è struggente, ogni scena emana quel rispetto orientale che rende le attese e i rumori delle battaglie più meditativi. L’onore è il cardine e la fede dell’esercito giapponese, condannato all’evidente massacro, ma fiero anche nelle sue più intime paure. Ogni protagonista non viene mai stereotipato e diventa quindi capace di sorprendere. La semplicità di Shimizu, l’astuzia di Saigo sono sfumature caratteriali di semplici ragazzi che attendono il nemico e l’orrore che arriverà senza neanche conoscerne le dimensioni.
Spesso il cinema di Clint Eastwood ha goduto della sua durezza e dei volti tesi dei suoi protagonisti, sempre pronti ad esprimere con freddezza il loro spietato giudizio; tralasciando conseguentemente espressività e possibilità narrative (“Mystic River”, “Gli Spietati”, “Un mondo perfetto” e quasi tutte le sue interpretazioni da attore).
In “Lettere da Ivo Jima” la regia medita e affronta le cose senza schiantarle, le osserva intimamente, esce dai soliti parametri e dimostra di voler aprire il suo orizzonte; si commuove a volte e ha il coraggio neorealistico di scegliere il giapponese (sottotitolato) come linguaggio originale del film, finalmente interpreta senza più solo giudicare.
Vedendo questo bellissimo film, candidato all'Oscar, onestamente ci chiediamo perché abbia fatto l’altro così banale. |
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Commenti del pubblico |
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