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"Bobby" ricostruisce una delle notti più tragicamente esplosive della storia Americana. Seguendo le vicende di 22 personaggi che per un motivo o per l’altro si trovano all’Hotel Ambassador alla vigilia del giorno in cui il candidato alla presidenza degli Stati Uniti, il senatore Robert F. Kennedy venne ucciso, lo sceneggiatore/regista Emilio Estevez - insieme ad un cast di tutto rispetto - forgia un mosaico intimo che ci mostra un’America diretta verso un cambiamento drastico ed epocale mentre i vari personaggi del film, alle prese con pregiudizi, ingiustizie, caos scorgeranno nell’idealismo di Kennedy un ultimo barlume di speranza. Esplorando le diverse esperienze di persone normali, il film è un tributo allo spirito di un uomo straordinario e sarà una specie di istantanea su un momento storico emblematico. |
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Nessuno può togliere dalla testa degli americani l’idea, giusta o sbagliata, che se “Bobby” Francis Kennedy non fosse stato assassinato, in quella notte del 4 Giugno 1968, ora l’America sarebbe diversa, probabilmente migliore. Così la pensa anche Emilio Esteves – figlio del noto Martin Sheen – che all’epoca aveva solo 6 anni, ma si ricorda bene l’aria di rinnovamento che si respirava in quel periodo.
Sono passati appena due mesi dall’assassinio di Martin Luther King e cinque anni da quello di John Fitzgerald, fratello maggiore di Robert Francis. L’American dream ha subito due colpi durissimi e la guerra in Vietnam è diventata un incubo. Bobby, candidato alle elezioni primarie per i democratici, da buon cattolico moralista professa la pace, riafferma l’importanza dei diritti civili, vuole un’unità fondata sui valori americani più importanti: l’altruismo e la compassione. E’ il momento della speranza, l’occasione per una svolta politica e “Bobby” è diventato l’uomo del popolo. Quando viene assassinato per mano di un enigmatico attentatore, durante i festeggiamenti per la vittoria all’Hotel Ambassador, non è la sua vita a essere spezzata, ma le speranze di milioni di persone. La fine di un sogno segna l’inizio di una nuova fase, quella del cinismo e della rassegnazione ed è proprio questo che vuole fortissimamente raccontare il regista.
Il film è, dunque, un omaggio appassionato allo spirito di un uomo politico, ma soprattutto un manifesto per l’importanza di una continua ricerca della speranza per un miglioramento. Da questo punto di vista, però, il film pecca un po’ per retorica e finisce per aggrapparsi esageratamente agli inserti dei discorsi originali del senatore democratico, a tratti perfino commoventi grazie a messaggi semplici ma avvedutamente potenti e diretti. La vicenda politica è, però, più che altro uno sfondo sul quale far muovere 22 personaggi, accomunati dalla loro presenza nell’Hotel in quella terribile giornata, ragionando sull’effetto che quell’aria di novità ha su di loro e sulle loro vite.
C’è John, il portiere d’albergo in pensione (Anthony Hopkins), c’è Virginia, una cantante alchoolizzata (Demi Moore) con il marito frustrato (lo stesso regista Emilio Estevez), la decadente parrucchiera Miriam (Sharon Stone) e il marito adultero Paul Ebbers (William H. Macy). Ma c'è anche lo chef Edward (Laurence Fishburne) e l'insensibile Timmons, o il giovane William (Elijah Wood), costretto a sposarsi per evitare il Vietnam. Grande cast, dunque, e ottime interpretazioni. L’impressione generale, però, è che sia un bel film, ma che manchi qualcosa laddove gli attori non possono arrivare e che questa intensa amara commedia si fregi con nostalgia di qualcosa troppo più grande di essa.
E’ difficile che una grande storia a intreccio, che parla dell’America e degli americani, non venga accolta con notevole gradimento dagli stessi americani. Poco importa, dunque, che a raccontarla sia il grande Robert Altman (“Nashville” o “America oggi”), Paul Haggis (“Crash”, premio Oscar) o le emergenti leve sudamericane come Inarritu (“Babel”). Siamo pronti a scommettere sul successo che questo “Bobby” riscuoterà, più per la sognante atmosfera “veltroniana” rievocata che per un reale valore del film stesso. Ma l’averla raccontata non è, in fondo, anche questo un piccolo merito del regista Estevez? |