Per Jack la prima guerra del golfo finisce quando un bambino di dieci anni gli spara in testa. Vivrà per miracolo, ma la pallottola ha comunque portato via i suoi ricordi, la sua storia. Lo rispediscono in America, e lo troviamo in una distesa bianca di neve, percorrendo a piedi una strada deserta sempre dritta, verso una meta che non c’è.
Sono i primi passi in una nuova esistenza; è solo e non ha un dove, un quando, un perché.
Incontra una donna ubriaca accasciata sul ciglio della strada con accanto sua figlia, la macchina è rotta e non possono proseguire. Le prime parole che verranno rivolte a Jack saranno della bambina, Jackie, che gli chiederà le due targhette militari allacciate al borsone che porta con sé. Sono le uniche prove reali della sua testimonianza nel mondo, ma acconsente. Riparata la macchina continuerà a camminare. Gli darà un passaggio (per dove?) un ragazzo, cappellino -camicia a quadri- stereo a tutto volume…gli chiede se è mai stato in carcere. Poco dopo vengono fermati da una pattuglia ed il poliziotto viene ucciso. Ingiustamente incolpato, Jack per la sua presunta infermità mentale finirà in una clinica psichiatrica.
Lo riempiono di farmaci, lo legano in una camicia di forza, lo mettono in un loculo buio per ore.
Qui inizia ad avere dei flash-back come se fosse in un contenitore dei ricordi, e al tempo stesso si vede proiettato di 15 anni in avanti, come in una sorta di scatola magica, un limbo, un mondo nel quale più realtà si sovrappongono.
E’ nel mondo di quello che era e che sarà.
Vede la relazione che avrà con la bambina che aveva incontrato, scoprirà orrori e segreti della clinica, conoscerà la sua morte e si prepara per la nuova vita che verrà dopo di essa.
Il loculo ricorda il cubo blu di Mulholland Drive, il racconto si spoglia di dimensionalità e temporalità; c’è un gioco continuo tra allucinazioni e farmaci, tra thriller e psicologia, tra realtà e sogno.
Non è privo di luoghi comuni, ma è agile ed accattivante, fino alla fine, che poi fine non è…
Idea interessante, ben sviluppata ed interpretata, soprattutto da Adrien Brody che conferma la sua bravura e abilità nel rappresentare personaggi sempre distinti tra loro (Il pianista, La sottile linea rossa, King Kong…)
Cinema puro, quello che quando si esce dalla sala si avverte di essere stati per una ora e mezza dentro quattro pareti che sono confine di una diversa realtà, che quando si apre la porta d’uscita si respira un’altra aria e si guarda l’orologio per capire dove siamo e cosa dobbiamo fare… |