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Recensione: Lettere al vento

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Lettere al vento
titolo originale Lettere al vento
nazione Albania / Italia
anno 2002
regia Edmond Budina
genere Drammatico
durata 84 min.
distribuzione Lucky Red Distribuzione
cast E. Budina (Niko) • B. Asqeriu (Gon Doji) • V. Trebicka Banushi (Lela)
sceneggiatura E. Budina
musiche F. Qerimi
fotografia T. Borgstrom
montaggio F. Giovanelli
media voti redazione
Lettere al vento Trama del film
Niko professore disoccupato vive con moglie e figlia nell'Albania postcomunista. Un altro suo figlio, arrivato in Italia in cerca di fortuna, manda regolarmente i soldi a casa, ma non risponde alle sue lettere. Per scoprire il perché Niko parte per Torino dove lo aspetta una drammatica verità.
Recensione “Lettere al vento”
a cura di Andrea Olivieri  (voto: 7)
Edmond Budina, una delle voci più importanti nella vita artistica, politica e sociale dell’Albania (ha allestito gli spettacoli più trasgressivi, è stato vicedirettore dell’Accademia di Arte Drammatica a Tirana ed un punto di riferimento nella rivolta degli studenti al regime comunista), oramai da nove anni è arrivato nel nostro Paese, è diventato adesso cittadino italiano e fa l’operaio assemblatore di turbine idrauliche in una fabbrica a Bassano del Grappa.
La sua è una delle poche "felici" storie di immigrazione di un popolo che ha scelto la nostra terra come paradiso ideale, mentre la tragica, dura e commovente "odissea" che il regista Budina ha deciso di raccontare in "Lettere al vento" è lo specchio più fedele di una realtà che l’autore conosce bene e riesce a sviscerare dall’interno.
La storia di Niko nell’Albania dei nostri tempi, cinquantenne e disoccupato che vive con i soldi che gli manda suo figlio Mikel dall’Italia, dove è scappato via mare, è il freddo, visionario, essenziale ritratto della dignità di un uomo e di una popolazione che nelle sue tante sfaccettature esprime (meglio di tanta effettistica cronaca giornalistica o di immagini accompagnate dai soliti retorici commenti!) l’anima e la forza di un’umanità tragica, reale, assurda e "fantastica".
Lo stesso Niko decide di partire per l’Italia (da tempo non riceve notizie dal figlio e sembra che sia diventato un malavitoso della mafia albanese) in un viaggio della speranza triste e doloroso, che Edmond Budina (regista ma anche interprete nel ruolo di questo padre) racconta senza toni pietistici e con una intensità straziante di primissimi piani necessari ed atmosfere sospese tra la magia ed il più schietto realismo.
E le "Lettere al vento" sono le parole scritte, le buste di plastica, la sporcizia e la polvere che nelle strade di Durazzo o Tirana un vento improvviso solleva avvolgendo le città in un’atmosfera irreale dove anche il passaggio onirico di un carro armato, con sopra un lunghissimo velo da sposa, diventa l’immagine poetica e simbolica di un popolo mai domo e di un dolore profondo che nasce dalle viscere dell’uomo.
Sono quelle che Budina sogna ossessivamente.
Sono le lettere che il figlio gli scrive, e che non riesce a leggere.
Sono le carte che mulinano nell'aria al passaggio dei soldati.
Ma sono anche le banconote gettate sulla sposa durante una festa nuziale da un trafficante che si è arricchito trasportando clandestini di là dell'Adriatrico.
Il vento enfatizza la volatile transitorietà del denaro; lettere, banconote, documenti, oggetti, corpi affidati a brezze improvvise o consumati dal fuoco, alludono con ragionevole sarcasmo alla precarietà della Storia e delle fortune individuali.
In questi momenti, nell'alternarsi di grottesco e quotidiano, di tragico e assurdo, sta il meglio di un film che per altri versi ci riporta al vasto filone del cinema capace di ridisegnare, parlando di lavoro o di emigrazione, la mappa dei sentimenti contemporanei.
A rendere ancora più prezioso il film è lo stile.
Improntato, finché Budina resta in patria, a una specie di "realismo magico" con echi felliniani che mescola sogno e realtà con contagiosa semplicità.
Ma sullo sfondo, e nei continui rimandi temporali della vicenda, c'è l'Albania comunista e post-comunista, con tutta l'incertezza e la violenza delle vicende politiche che l'hanno attraversata.
Presentato al Taormina BNL Film Festival 2003.
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