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In un paese di campagna ai confini del mondo sono rimasti in due: una madre malata e consumata a un passo dalla fine e un figlio che la cura e la accudisce, la pettina e la solleva in braccio, portandola fuori, all'aria aperta, appoggiandola a un albero, sdraiandola su una panchina. Unico segnale esterno: il fumo di una locomotiva, che l'uomo osserva da lontano, nella speranza di raggiungerlo. Il silenzio, tutto intorno, è assordante. La natura è ostile. E il male inesorabile. "C'è qualcuno lassù?" domanda straziata la donna al persistere del dolore. E il suo "angelo custode": "No, non c'è nessuno". |
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Nella penombra sbiadita di un casolare isolato, s’intersecano i racconti dell´incubo di una madre morente con il sogno del figlio. Un figlio che accompagna la propria madre malata in un ultimo viaggio. Nella natura dov'è "persa" la casa di famiglia, nella campagna della primavera russa che accosta alle ultime folate del lungo inverno i primi rami dei meli in fiore.
Poema elegiaco. Che sembra alitare dell'infinita dolcezza e tenerezza di quei gesti tra madre e figlio. Che sembra nutrirsi di una natura catturata, assorbita fino al più profondo dei suoi elementi vitali. In uno straordinario, mai disperato, tentativo di rigenerazione.
La natura sembra avere un'anima irreale; il passaggio nel nulla ha la leggerezza del sonno.
Lo straordinario di questo regista è di accingersi a guardare il mondo quando gli altri sembrano esitare. E soffermarsi, incurante di quelle leggi che il mondo dell'estetica o, peggio, dello spettacolo hanno creato, per decidere quanto sia lecito attendere la nascita della poesia. Quanto debba durare la descrizione di una sentimento.
Il cinema di Tarkovskij ha certamente lasciato le sue tracce più preziose in quello di Sokurov; ma in questo dilatare il tempo, analizzare la materia, indagare l'indicibile sul filo della luce, dell'aria, dell'immateriale c'è tutto lo splendore di una dimensione filosofica che il mondo del cinema dovrebbe finalmente scoprire.
Un film "insolitamente" vibrante; una pellicola straziante dove le immagini sono volutamente piatte come la superficie di un quadro: una scelta che affida la tridimensionalità non alla simulazione dello spazio ma alla profondità dei sentimenti. |
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