Cinema del Silenzio - Rivista di Cinema

Recensione: Maradona, la mano de Dios

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Maradona, la mano de Dios
titolo originale Maradona, la mano de Dios
nazione Italia
anno 2006
regia Marco Risi
genere Biografico
durata 113 min.
distribuzione 01 Distribution
cast M. Leonardi (Diego Armando Maradona) • J. Diaz (Claudia Maradona) • G. Alarcon (Maradona bambino) • A. Ayala (Maradona adolescente) • P. Taricone (Un camorrista)
sceneggiatura M. Risi
musiche . PivioA. De Scalzi
fotografia M. Onorato
montaggio P. Marone
uscita nelle sale 30 Marzo 2007
media voti redazione
Maradona, la mano de Dios Trama del film
Diego gioca con l’Argentinos Junior, con il Boca e con la Selezione Argentina vince i mondiali Under 17. Poi parte. Attraversa l’oceano e raggiunge Barcellona. Poi Napoli. E qui diventa il re, anzi, ‘O re. E’ stato amato, odiato, santificato. A Buenos Aires c’è una chiesa con il rito maradoniano. Con la gloria conosce il dolore. Si fa amici e nemici, colleziona ferite e trionfi. Questo film parla di lui, del genio che ha fatto felice tanta gente, soltanto guardandolo. Parla dei suoi trionfi, ma anche del suo dolore. Sarà come conoscere il Dio in terra.
Recensione “Maradona, la mano de Dios”
a cura di Riccardo Rizzo  (voto: 6)
“Voi occupatevi del Maradona giocatore, che al Maradona uomo ci penso io"

Marco Risi, figlio del grande Dino, prova a raccontare le vicende extracalcistiche del più grande giocatore di calcio di tutti i tempi: Diego Armando Maradona.
‘El pibe de oro’ nasce in un quartiere periferico di Buenos Aires, figlio di una famiglia poverissima, e nella testa ha un solo desiderio: giocare a pallone. La sua storia diventa leggenda ancor prima che potesse finire, con tutti i suoi vizi e gli eccessi, i trionfi e le sconfitte, le gioie e i dolori.
Maradona è il calcio, ha rappresentato il Dio pallone sceso in terra, con tutto ciò che ne consegue, e farne un ritratto non è certamente cosa facile.
Risi prova la strada del docu-fiction, scelta senza dubbio ardua, che si risolve in qualcosa di ibrido da non disprezzare, sebbene a volte scada in una sorta di soap opera televisiva. A livello tecnico il film presenta non poche lacune, in primis una narrazione lenta e alcune scene piuttosto superficiali o prevedibili, ma è apprezzabile l’intento del regista di rendere giustizia al Maradona uomo: un uomo buono, al quale tagliarono le gambe definitivamente nel 1994, durante i mondiali americani. Un uomo da sempre sfruttato da tutti quelli che gli stettero attorno e che non avevano rapporti d’amicizia o d’amore con lui: quindi non la famiglia, non sua moglie Claudia, non il suo primo procuratore, non i partenopei che tanto sognarono grazie alle sue prodezze. Coloro che affossarono (e continuano ad affossare) Diego in quel pozzo virtuale pieno di melma che si vede durante tutte le scene più drammatiche del film, sono gli stessi che approfittarono di lui: i giornalisti, le federazioni, i presidenti, i politici, i medici, le donne...
Nel film traspare nettamente la voglia di sottolineare (giustamente) l’innocenza di questo campione, persino di giustificarne gli atti più estremi, come quel famoso gol, che poi darà il nome al film stesso, segnato di mano (la mano de Dios) agli odiati inglesi, prima che ne segnasse un altro giudicato il più bel gol del secolo. Grazie a Maradona gli argentini furono capaci di sorridere, dopo l’umiliazione della guerra delle Falkland, così come seppero farlo i napoletani strappando lo scudetto alla Juventus, la squadra del loro padrone, la squadra di Torino, dove tanti meridionali emigrarono.
Maradona ha regalato emozioni indescrivibili, e quasi mai è stato ripagato con la stessa moneta. E’ stato sempre vittima di un sistema, e sempre ha cercato di combatterlo: con la sua genialità, la sua strafottenza, il suo orgoglio, la sua forza. Se non fosse stato così probabilmente avrebbe fatto la stessa fine di un altro campione assoluto, quel Pantani che più della cocaina fu ucciso da una tabella nella quale veniva accusato (e umiliato) di doping. Eppure, come ogni vita legata al successo e ai soldi, inevitabile arriva la fase triste e decadente del campione, che oggi combatte con un cuore malato e un fisico provato e stanco. E la scena finale, con quel pallone tenuto tra le mani sorridendo, rappresenta la speranza per un futuro migliore, quel futuro migliore che Maradona ha sempre ricercato più per gli altri che per sé stesso.
Bravissimi gli attori, soprattutto Marco Leonardi nell’interpretare Diego, con le sue tipiche espressioni e movenze da ‘scugnizzo napoletano’, e Julieta Diaz, nei panni della fedele (ex)moglie Claudia.
Commenti del pubblico







Ultimi commenti e voti
Utente di Base (12 Commenti, 50% gradimento) Tesla 16 Luglio 2012 ore 12:24
voto al film:   7

Medaglia d'Oro (273 Commenti, 57% gradimento) cinemabendato Medaglia d'Oro 26 Aprile 2011 ore 17:10
voto al film:   6

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