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In un mondo dove nulla è come appare, un’illusionista ed un ispettore di polizia si confrontano in una sfida di volontà nel cercare di determinare dove finisce la realtà e dove inizia la magia… tutto questo mentre si offusca la linea immaginaria che divide il potere e la corruzione, l’amore e la devozione, l’essere vigile e la mania ed infine la vita e la morte. Un mistero soprannaturale che combina il racconto fantastico, la politica e la magia. |
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Se non fosse per il breve flashback sull’infanzia di Edward e Sophie, lo spettatore penserebbe di trovarsi nuovamente di fronte a “The Prestige”: la stessa Vienna nelle sue stradine e nei suoi teatri somiglia incredibilmente alla Londra di Nolan, quasi avessero usato le stesse ricostruzioni.
Per fortuna (in quanto si evita la ripetitività, ma “The Illusionist” rimane suo malgrado ben lontano dal suo punto di riferimento) la storia prende una piega diversa e il parallelo sfuma dopo poche scene, lasciando allo spettatore la piacevole sensazione di un ambiente ormai familiare.
Il film di Neil Burger (stessa produzione dei fortunati “Crash – Contatto fisico” e “Sideways”) si svolge alla corte imperiale, i pedinamenti per le strade (anche questi presenti in “The Prestige”) sono soltanto il riflesso degli intrighi tra il Principe ereditario Leopold e l’ispettore capo Uhl.
La storia è più complessa di quanto sembri in un primo momento (ma mai quanto l’intreccio di Nolan), la traccia è quella dell’amore impossibile tra una nobile e il figlio di un ebanista – successivamente tra la quasi fidanzata del futuro imperatore e un prestigiatore; sopra questa traccia si posa un velo di magia, che pian piano inizia ad interagire con la storia fino alla creazione di spettri che viene garantita come illusione ma lascia credere il contrario.
Paradossalmente, il protagonista non è né Eisenheim (il nome d’arte di Edward), né Sophie, né il Principe Leopold, ma è l’ispettore sotto gli occhi del quale si svolge una vicenda alla quale inizialmente non vuole credere, poi finirà per credervi anche oltre quella che potrebbe essere la realtà. E’ un’ottima scelta, perché con l’ispettore si può immedesimare completamente lo spettatore, come lui intento a scoprire i trucchi del prestigiatore e, allo stesso tempo, a farsi le stesse domande su una storia che sembra nasconderne un’altra ma alla quale non crede fino in fondo.
Questo però toglie molto dello spazio che Edward Norton potrebbe avere: il suo ‘stregone’ è veramente ipnotico quando è in azione, ma fuori dal teatro manca di spessore, il personaggio è appena delineato, non riuscendo a comunicare altro che il suo essere innamorato.
Il finale è bello, davvero, perché rinuncia alla retorica del lieto fine dichiarato ma lascia allo spettatore l’illusione, la stessa illusione che ha sedotto l’ispettore Uhl, che le cose siano andate così come lui spera. |
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Commenti del pubblico |
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