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Carsten, un cinquantenne insegnante universitario, sposato e con un figlio, inizia una relazione clandestina con una delle sue ex-studentesse, Pil, fervente attivista politica dell'estrema sinistra. Una sera, Pil viene arrestata insieme ad altri compagni in seguito a uno scontro con la polizia in cui un agente resta ucciso. Carsten decide di dedicare tutte le sue risorse per aiutare la ragazza anche a discapito del suo lavoro e del suo rapporto matrimoniale. |
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Cosa succede se dalla teoria si passa alla pratica? Se si lotta per una giusta causa è accettabile calcolare che ci siano delle vittime? Questi dilemmi morali, prima che politici sono affrontati da Per Fly, regista danese di successo che chiude così la trilogia dopo “La Panchina” e “L’Eredità”.
Carsten è un professore di scienze sociali molto amato dagli studenti, la sua avversione alla globalizzazione capitalista è molto netta. Sposato con figlio, il professore ha una storia d’amore con Pil, sua ex studentessa che milita in un gruppo della sinistra extraparlamentare. Nel corso di un’azione di boicottaggio contro una fabbrica di armi resta uccisa un poliziotto. Pil e due compagni vengono arrestati, Carsten allora lascia la moglie e si dedica anima e corpo alla scarcerazione dell’amante. Grazie alla mancata individuazione dell’assassino i giudici sono costretti a prosciogliere i tre che escono, così, di prigione. Carsten e Pil a questo punto possono vivere insieme, ma il peso della tragedia della fabbrica comincia a farsi sempre meno sopportabile.
Il film agisce su due piani: quello strettamente politico, la legittimità di una ribellione anche con atti violenti all’ingiustizia e quello più personale, ovvero la responsabilità individuale e il peso delle bugie. Per Fly non cerca di edulcorare la realtà: la moglie del poliziotto ucciso si presenta a più riprese da Pil e Carsten per rivendicare il diritto alla verità sull’assassinio del marito, inchiodando alle proprie responsabilità i due, solo con l’esibizione del proprio dolore. La giovane militante spiega che i morti fanno parte del prezzo da pagare nella lotta per un mondo migliore. Il regista danese, però, le da torto: il fine non giustifica i mezzi e anche gli scopi più nobili, come la pace nel mondo, non valgono la vita di un innocente. Personaggio centrale è senza dubbio il professore, interpretato alla perfezione da Jesper Christensen. Le sue scelte sono tutte sbagliate e lo porteranno alla rovina. Per seguire i propri ideali e forse per sfuggire a una condizione mediana in tutto (nell’età, nello stato sociale), sceglie di rischiare seguendo una ragazza più giovane, che commette tanti errori, ma che sembra in fondo meno colpevole di lui.
Il film è molto azzeccato, va dritto verso l’obiettivo prefissato: l’analisi dei lati più oscuri di una coscienza segnata dai sensi di colpa e dall’ossessione dell’errore. |
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Commenti del pubblico |
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