“Stardust” – polvere di stella... Quel che cerca Tristran è il frammento di una stella caduta (il ‘dopo’ delle stelle cadenti, almeno di quelle che arrivano fino al suolo); ciò che trova è una stella intera, magari un po’ ammaccata. Alla fine, però, dall’iniziale domanda ‘le stelle osservano noi?’, la questione ruota sempre intorno all’amore.
Introdotta dal narratore fuori campo, in piena regola da ‘c’era una volta’, la favola del garzone di bottega dal sangue blu rispetta ogni regola del genere, dall’erede al trono ‘a sorpresa’ alla strega cattiva, dall’insopportabile donna alla quale l’eroe sembra promesso fino al vero amore, il tutto disposto lungo un viaggio attraverso terre sconosciute. Non c’è niente di nuovo nemmeno nella contaminazione tra comuni mortali e magia, tanto l’idea iniziale di una porta dimensionale tra due mondi – cinematograficamente e letterariamente i precedenti più importanti sono “Stargate” e, molto più simile come genere, “La storia infinita; più recenti i quasi cloni “Le Cronache di Narnia” e “Arthur e il popolo dei Minimei” – quanto la battaglia finale a colpi di saette e magia nera.
Tutto questo Matthew Vaughn (regista e sceneggiatore) e Jane Goldman (cosceneggiatrice) lo sanno bene, e puntano molto sul contorno: ne esce un film incredibilmente equilibrato, nel quale le molte scene divertenti, benché concentrate nella seconda parte, non prendono mai il sopravvento sulla narrazione. Se qualche scena può urtare in quanto è troppo palese la finzione di alcune immagini, di contro alcuni effetti speciali riescono ottimamente, a cominciare dalla caduta di Yvaine (è il nome della stella).
La marcia in più di questo film è però tutta negli attori: Claire Danes è piacevole nel ruolo della stellina, mentre passa inosservata la partecipazione di Peter O’Toole, re morente di Stormhold. Il segreto (per modo di dire, in realtà sono il richiamo maggiore) del film sono Michelle Pfeiffer, ottima – e splendida, almeno all’inizio – strega, e Robert De Niro, in un ruolo marginale ma spumeggiante, vero e proprio traino del film nella parte più ostica, quella centrale. Anche l’effetto del ‘coro’ degli ex-eredi al trono, man mano che crescono di numero, è divertente e mai sopra le righe. Tutti questi pregi, insieme ai difetti forse inevitabili (ovviamente alla fine quel che conta è la nobiltà di sangue, ma almeno non viene rimarcato) fanno di “Stardust” un film non memorabile, ma nemmeno tale da lasciare insoddisfatto lo spettatore. |