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Gran Bretagna: sei mesi dopo la presunta distruzione del virus che, attraverso alcune scimmie aveva contagiato milioni di persone, nel precedente episodio, l’esercito americano, sicuro della vittoria contro la pericolosa infezione, inizia la ricostruzione del Paese… ma i sopravvissuti non immaginano che una nuova ondata di epidemia è in agguato e scoppierà a brevissimo tempo, lasciando, di nuovo, dietro di sé distruzione e morte. |
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In una Londra desolata e distrutta dei nostri giorni, l’esercito degli Stati Uniti sta riavviando la ricostruzione: intere squadre di uomini sono impegnate giorno e notte al risanamento, per cancellare in tutta quella zona della Gran Bretagna continentale, qualsiasi traccia di ciò che, 28 settimane prima, il terribile contagio di un virus di natura e gravità sconosciute, aveva causato sul territorio.
Decisamente minore per note registiche e rilevanza attoriale rispetto al precedente “28 giorni dopo” - che il regista di “Trainspotting” e “Sunshine”, qui produttore esecutivo insieme ad Alex Garland, aveva diretto nel 2003 con uno stile tutt’altro che anonimo e una voluta ridicolarizzazione dell’esercito americano. Il secondo capitolo vede aumentare gli elementi action-thriller, ora che la regia è nelle mani di Juan Carlos Fresnadillo, sfociando spesso nell’horror e nel pulp, che sovraccaricano le scene anche quando non serve e fanno perdere di smacco al film.
“28 settimane dopo” può vantare buone dosi di tensione e rilevante partitura sonora, attenta alle esigenze di una sceneggiatura che invece, in troppe parti, abbonda di casualità, snodandosi in una struttura narrativa che ricalca il predecessore, nell’uso di lassi temporali più o meno lunghi, per segmentare sullo schermo il fatale scorrere del tempo.
Un film questo di Fresnadillo che, nonostante lo sforzo, non riuscirà a riappropriarsi del successo lasciato in eredità dal primo. Se 4 anni prima Boyle aveva dimostrato di sapere svelare con intensità e carica emotiva le inaspettate reazioni dell’umanità di fronte ad una improvvisa situazione di calamità e di distruzione nazionale, “28 settimane dopo” Fresnadillo non si rivela della stessa bravura, mostrando un bisogno, troppo marcato, di tradurre la tensione in apparizioni improvvise, colpi di scena e tanta violenza, senza approfondire il profilo di personaggi interpretati da attori che dovevano essere sfruttati con più astuzia. I tentativi di muoversi con uno stile che non apparisse del tutto anonimo sono ben visibili: inquadrature ricercate dei volti, luce al neon, effetto metallizzato degli interni e l’oscurità dei sottopassaggi della metro, claustrofobici e macabri.
La risposta del pubblico però, all’alba di questo secondo capitolo, potrebbe velarsi di delusione… e scommettiamo che “28 mesi dopo” il tanto temuto virus farà ancora parlare di sé? |