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Sgualo e Pelo, per ovviare alla cronica mancanza di denaro fanno ogni tanto qualche "lavoretto" per un ricettatore locale. Questa volta, però, devono scavare un tunnel nel sottosuolo del centro per raggiungere la Cassa di Risparmio di Piazza Minghetti. Per vivacizzare le lunghe ore notturne di scavo, i due portano nel tunnel una radiolina e si sintonizzano su Radio Alice. Una notte decidono di andare alla sede dell'emittente. Entrano così in contatto con un mondo nuovo, scoprono musiche mai udite prima, conoscono la possibilità inebriante della comunicazione libera e poi gli scontri di piazza e le barricate del movimento studentesco. |
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Periferia di Bologna, anni '70. Sgualo e Pelo sono due ragazzi soli, come spesso è una periferia; sono annoiati, tristi? Forse inconsapevoli.
Improvvisamente il duplice incontro: prima il ladro-filosofo Marangon che li convince a rubare per lui; poi Radio Alice, l'emittente bolognese del movimento studentesco negli anni '76-'77.
Doppio incontro: due possibilità di vita, due scelte.
Sgualo e Pelo annullano la noia; il vivere abitudinario viene stravolto da una serie di avvenimenti. Contemporaneamente fanno nascere un tunnel sotterraneo attraverso i sessanta metri che lo conducono alla Cassa Generale di Risparmio, e soprattutto un'idea di libertà, o meglio d'espressione.
Ai due casualmente si aprono le porte di Radio Alice. Il fascino dell'anarchia li travolge e li rende anarchici.
Le convinzioni hanno senso solo quando te ne accorgi ma il risveglio "politico" dei due non sembra avere molta serenità e anzi...
Il Collettivo bolognese Wu Ming, autore della sceneggiatura, ha tentato di rubare all'epoca narrata quell'alone di fantasia e libertà, quel nostalgico bagliore di cosa sarebbe potuta essere e di cosa è stata Radio Alice.
Tra cronaca, storia e costume, Chiesa costruisce un percorso stimolante di codici espressivi e inserti satirici, di coraggio festoso senza equilibri.
Il film, teso tra l'ultra-sinistra e la microcriminalità, corre il solo rischio, forse volontario, di confondere le due cose.
Non a caso ogni personaggio naviga nell'ambiguità, trovandosi spesso ad errare senza chiarezza. Succede a Pelo, verso il finale, quando si chiede dove condurranno i tetti che l'hanno salvato dai carabinieri; o lo sguardo triste del Tenente Lippolis, “bruciato” da una soffiata sbagliata che lo ha portato ai margini. Ed anche la bellissima Marta, una sorta d'icona dell'incertezza, tra idealismo sfrenato e realtà cruda.
Intensa e dispersa la scena dove lei è sola, seduta su una panchina, lo sguardo a testa capovolta colpisce il vuoto. Attorno il silenzio e l'amara sensazione del continuo perdere qualcosa.
Come Radio Alice, grande, nuova e purtroppo anche inutile. |