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Torna Michael Moore. Dopo aver preso di mira la General Motors ('Roger & Me'), la lobby delle armi ('Bowling for Columbine') e il presidente George W. Bush ('Fahrenheit 9/11'), ha scelto come prossimo bersaglio l'industria della sanità. 45 milioni di persone senza assicurazione sanitaria nel Paese più ricco della terra. |
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Più di tre anni dopo la Palma d’oro conquistata a Cannes con “Fahrenheit 9/11” Michael Moore porta la critica al suo paese a un livello ancora più radicale, almeno ai suoi occhi di cittadino americano al cento per cento, andandone a intaccare la costitutiva fiducia nelle leggi di mercato. Più simile in questo a “Roger & Me”, forse anche perché obbligato a confrontarsi con la quantità di documentari in “stile Moore” che negli ultimi due anni hanno sparato a zero contro tutto ciò che il modello statunitense glorifica, dalle multinazionali al fast food, “Sicko” è un film che molti europei avrebbero voluto girare ma che molti di più, forse, desideravano segretamente fosse girato da un americano; perché contesta dall’intero e alla luce delle testimonianze di persone vere, in carne ed ossa, che quel sistema hanno sperimentato su di sé, e quindi senza il rischio di strumentalizzazioni, la sanità privata Usa, di cui la misura del parlar male era fino ad oggi inversamente proporzionale al livello di conoscenza che effettivamente se ne aveva. Un film, quindi, importante, perché va a colmare un grande vuoto di informazione nell’opinione pubblica europea, ma anche perché va a colmarne uno speculare, e molto più preoccupante, al di là dell’Atlantico. L’idea che possa esistere una sanità pubblica efficiente e che essa non somigli poi troppo ad un sistema socialista è evidentemente qualcosa di assolutamente nuovo per un popolo i cui governanti di destra e di sinistra hanno negli ultimi trent’anni sostenuto l’opposto. Per questo è ancora più significativo che Moore, da un lato, non si spinga fino in Svezia o Danimarca per fare un confronto che risulterebbe improponibile anche per un francese, ma si accontenti di far vedere come anche nella “madrepatria” inglese, nonostante i governi Thatcher e Blair, l’accesso gratuito alle cure mediche per tutti i cittadini sia raggiungibile senza piani quinquennali o dittature di partito. Dall’altra, è quasi rivoluzionario che il regista di Flint, Michigan, prenda un motoscafo fino a Cuba per dire forte che nell’inferno comunista la salute dei cittadini è più tutelata che nel paese più ricco ed efficiente del mondo. Difficile, detto tutto questo, passare al piano stilistico: dove le carenze sono tante ed evidenti, dalle discontinuità del linguaggio filmico alla povertà delle immagini. E Moore, come già nei suoi film precedenti, sembra in certi casi sacrificare la neutralità del documentario a favore dell’emotività, talvolta genuinamente condivisa dai protagonisti, talvolta costruita o indotta un po’ artificiosamente; con parti decisamente meno riuscite come il tentativo di sbarco a Guantanamo. Ma il valore di “Sicko” è soprattutto politico: la sua importanza come documento di denuncia è il metro di valutazione principale in base al quale, appunto e conseguentemente, esso va giudicato.
(Una postilla: inconcepibile la scelta del distributore italiano di doppiare tutto il documentario. Se per il commento off del regista può andare bene, per le testimonianze, i documenti verbali e tutto il resto il solo risultato è quello di tradire del tutto il fine del documentario, facendo suonare come recitato ciò che dovrebbe essere testimonianza immediata della realtà). |
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7,5
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Moore, rinunciando allo stile visivo per concentrarsi esclusivamente sul racconto delle persone, intraprende una spietata indagine su uno dei peggiori sistemi sanitari del mondo occidentale, che se ne infischia della solidarietà e della reale salute dei pazienti pur di ottenere un maggiore profitto. Al di la dei limiti stilistici e della vena vagamente populista del regista, come sempre poco obbiettivo (ma chissenefrega!) perché non lascia respiro alle contraddizioni della propria tesi, è un opera importantissima in quanto documento di informazione. Scioccante e fortissima la prima metà, la seconda parte (un po’ semplicistica) è un tanto esilarante quanto tragico confronto con la sanità inglese, francese, canadese e cubana. 150 giorni di riprese e 500 ore di filmato.
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