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Michael Clayton è un “aggiusta tutto”, dai piccoli furti delle casalinghe ai problemi dei poliziotti e a quelli dei politi corrotti e lavora per conto di un’importante studio legale di New York: Il suo lavoro però non riesce più a dargli soddisfazioni e continua a farlo solo per sanare i debiti accumulati nel gioco d’azzardo. Un giorno si imbatte in qualcosa di molto più grande per la quale metterà in gioco se stesso fino a rischiare la propria vita. Sarà allora che Clayton capirà qual è il prezzo da pagare per difendere la verità. |
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“Michael Clayton” segna il debutto alla regia per Tony Gilroy che firma, anche da sceneggiatore, il suo primo lungometraggio. Da scrittore Gilroy deve la sua celebrità ai precedenti successi blockbuster della trilogia di Jason Bourne/Matt Damon e al più datato “Armageddon”.
“Costruire la verità è il suo lavoro”. Così recita il sottotitolo del film del regista newyorkese - presentato quest’anno in Concorso alla 64.ma Mostra veneziana del Cinema – nel quale Gilroy ha la fortuna di dirigere un interprete del calibro di George Clooney, non indifferente al pubblico e alla critica. E la sua interpretazione è di certo la nota più alta di tutta la pellicola, costruita su una buona idea narrativa che – tralasciando il lungo flashback – viene raccontata senza troppa originalità. Clooney è Michael Clayton, un “faccendiere” di 45 anni che risolve i problemi degli altri: tutto lavoro e niente casa. La sua figura è sicura, professionale, obbligatoriamente in nero, sempre i movimento, elegante e distinto. I dialoghi sono ben pensati ma a volte si colorano di un sottile cinismo, troppo cinematografico, che gli fa perdere veridicità. Interessante la continua ricerca di un equilibrio da parte del protagonista tra la vita professionale e quella privata: due dimensioni che non riescono a convivere sullo stesso piano, tanto che gli impegni finiscono per soffocare il privato e lo allontanano dal rapporto con il figlio. È un po’ quello che fa il regista che, per saziare la sua ossessione per il mondo del lavoro, si concentra troppo su “quello che fa la gente, su quanto guadagna e su come lo fa”, e – nonostante un montaggio pulito ma senza particolari scelte tecniche - appesantisce la pellicola. Intrighi, intercettazioni telefoniche e note ben ritmate sono costruiti ad hoc, ma manca la tensione e inevitabilmente ci si chiede perché.
Chiuso il suo ultimo lavoro “sporco” Michael Clayton sale su un taxi e chiede di guidare “fino a 50 dollari, senza meta”. Camera fissa dentro l’auto e inquadratura del volto di Clooney sono gli ingredienti per un bel finale, che esalta la bravura di un attore che sa dar prova di far trapelare - in pochi istanti - gioia, tristezza, interrogativi e serenità. Peccato solo che si debba aspettare per 125 minuti e l’inquadratura, la migliore, è “macchiata” dai titoli di coda. |
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Commenti del pubblico |
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