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Recensione: Come l'ombra

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Come l'ombra
titolo originale Come l'ombra
nazione Italia
anno 2006
regia Marina Spada
genere Drammatico
durata 87 min.
distribuzione Cinecittà Luce
cast A. Kravos (Claudia) • K. Porcari (Olga) • P. Pierobon (Boris)
sceneggiatura D. Maggioni
musiche T. Leddi
fotografia S. BolognaG. Carella
montaggio C. Cristiani
uscita nelle sale 22 Giugno 2007
media voti redazione
Come l'ombra Trama del film
Claudia lavora in un'agenzia di viaggi e la sera studia russo. Una sera al corso di russo si presenta un nuovo insegnante di origine ucraina, Boris, un quarantenne di bell'aspetto e dall'aria intelligente. Tra Boris e Claudia nasce poco a poco un'attrazione. Una sera di fine luglio torna a farsi vivo Boris, con uno scopo preciso: deve trovare un posto dove sistemare una cugina venuta dall'Ucraina a cercare fortuna. Claudia, titubante, alla fine accetta di ospitarla per pochi giorni, ma allìimprovviso Olga sparisce.
Recensione “Come l'ombra”
a cura di Francesco Alfani  (voto: 6)
“Come l’ombra si stacca dal corpo, come la carne si stacca dall’anima, così io voglio essere dimenticata” sono i versi della poetessa russa Anna Akmatova, che chiudono il film; vorrebbero sintetizzare il destino di Olga, arrivata in Italia nella desolazione dell’estate e scomparsa tra i pilastri e le lamiere dei cantieri di una città in inarrestabile e incomprensibile espansione. Estate in russo è sinonimo di felicità: ma Milano d’agosto con la felicità ha poco in comune. Il sole spento, le strade vuote, le giornate tutte tristemente uguali a quelle già trascorse e a quelle che verranno, comunicano al contrario una claustrofobica assenza di orizzonte che non lascia posto a nessuna gioiosa speranza per Olga, né per chi le sta intorno. E’ brava la regista Marina Spada a costruire l’immagine della città in maniera aderente ad uno stato dell’anima: le sue prospettive sulle distese di palazzi tutti tanto diversi tra loro quanto ugualmente brutti, i suoi silenzi così evocativi dei silenzi della città, svuotata non solo degli abitanti, hanno una certa forza comunicativa. La città non è il luogo delle possibilità ma della solitudine, illuminata dalle luci al neon anziché da quelle delle stelle; e non sembra esserci rimedio.
Meno brava è, la regista, nella costruzione del racconto: lavorando per sottrazione ha ricercato l’essenzialità, ma ha trovato l’inconsistenza. I suoi protagonisti non riescono a definirsi sufficientemente, schiacciati da una trama labile e da dialoghi talvolta troppo scarni, talvolta troppo banali. Se possibile, questo viene accentuato dalla radicale scelta stilistica: macchina da presa sempre immobile, in una serie di fotografie animate in cui il racconto è fatto vivere come sul palcoscenico di un teatro. Se all’inizio l’esperimento può sembrare interessante, in poco tempo si trasforma invece in una sorta di condanna: alla noia, per lo spettatore, e alla piatta non comunicatività, per il film. Chiaro che la semplicità non può andare a discapito del senso artistico; e in questo caso è facile pensare che la regista abbia sbagliato la misura. Se è vero che il non detto può essere più importante dell’esplicito, in “Come l’ombra” il rischio tangibile è che si finisca per non dire nulla. Gli attori non sono indimenticabili, e questo conta: non sono stati però nemmeno sostenuti da una sceneggiatura sufficientemente coinvolgente (di Daniele Maggioni) e che fosse in grado di cimentarli con interpretazioni forti. Milano d’estate è particolarmente brutta: dopo il film, quelli che erano ancora indecisi se partire o meno per le vacanze non avranno più dubbi.
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