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Siamo negli anni '60. Un giovane proletario inglese va in America alla ricerca di un padre che non vede da anni e anni, e si innamora di una teen-ager, Lucy. Quando il fratello di lei viene mandato in Vietnam, i due diventano attivi pacifisti. |
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Prendi una canzone triste e migliorala
“C’è qualcuno che voglia ascoltare la mia storia?”, chiede Jude intonando ‘Girl’; la storia di Jude è la storia di un’epoca attraversata dal giovane ragazzo di Liverpool, immigrato clandestinamente negli States alla ricerca del padre, tornatovi definitivamente alla ricerca dell’amore.
Siamo negli anni ’60 e il viaggio di Jude è nella direzione opposta di quello che suo padre compì venti anni prima; avanti, indietro, di nuovo avanti: Jude fa quel tragitto in più che lo differenzia dal padre, sente il richiamo ‘attraverso l’Universo’ e corre dove era rimasta la sua vita.
La storia non è complessa, come in ogni musical: l’amore tra due giovani è al centro di tutto, ma non da solo; oltre a quest’amore c’è un oceano che può separarli, una società che cambia, la guerra in Vietnam ed una popolazione che non sta a guardare ma alza la voce. I due giovani si chiamano Jude e Lucy: non è un caso che lui sia di Liverpool, “Across The Universe” (terzo titolo dell’album ‘Let It Be’) è interamente costruito sui testi dei Beatles – in totale 33 nei 133 minuti del film, solo mezz’ora la parte riservata ai dialoghi. Inutile commentare i testi o la musica, nell’arrangiamento dell’ottimo Elliot Goldenthal (premio Oscar per “Frida”, sempre della Taymor): è l’uso che ne viene fatto che desta la più profonda ammirazione. Le prime note di ‘Let It Be’ sono qualcosa di meraviglioso, commovente, e il prosieguo della canzone, in versione gospel, non è da meno; altissimo cinema anche per ‘Girl’ e ‘Don’t Let Me Down’, per non parlare del movimento avvolgente accennato dalla macchina da presa sulle prime note di ‘All You Need Is Love’, un accenno sufficiente a richiamare alla mente l’attacco di ‘Aquarius’ in “Hair” (anche il tema ha molto in comune con il film di Miloš Forman). Oltre all’aver reso bella l’appena citata ‘All You Need Is Love’, almeno per quanto che riguarda le prime strofe cantate a cappella, i meriti della collaborazione tra Goldenthal e Julie Taylor continuano nel fortissimo impatto visivo di alcune scene, quella della Statua della Libertà e quella delle fragole infilzate su tutte. La parte centrale si perde leggermente dietro a una sequenza troppo lunga di canzoni senza azione, un uso psichedelico del colore che dopo qualche minuto risulta esagerato e un personaggio dalla costruzione un po’ forzata, ma piacevolmente interpretato da Bono degli U2.
A dispetto delle attese nella parte psichedelica, a ‘Lucy In The Sky With Diamonds’ sono riservati i titoli di coda, scelta corretta in virtù del nome della ragazza (specularmene, ‘Hey Jude’ arriva quando Jude torna a Liverpool).
Complimenti, non era facile costruire un musical scegliendo le canzoni tra quelle di un'unica band, rinunciando a pescare qua e là nello sterminato repertorio degli anni ’60: il risultato va oltre le aspettative. Bellissimo. |
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Commenti del pubblico |
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