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Sandro ha 13 anni e una vita spensierata in una piccola cittadina di provincia. Un giorno, durante un viaggio in barca nel Mediterraneo con il padre, cade in acqua e non riescono a raggiungerlo prima che sparisca tra le onde. Viene ripescato da uno scafo su cui sono imbarcati dei clandestini che fanno rotta verso l'Italia, sperando in una vita migliore. Tra gli emigranti ci sono due fratelli rumeni, Radu e Alina, della stessa età di Sandro.
Presentato in concorso al 58mo festival di Cannes (2005). |
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L’ascendente politico e sociale è la norma nel cinema di Marco Tullio Giordana, e non ci si stupisce pertanto scoprire che in questo ultimo film egli si è districato tra questioni come l’integrazione e il confronto con l’altro nell’Italia che diventa timidamente multietnica. Quello che fa piacere ritrovare anche in questo film del regista lombardo è la sua ispirazione genuina e scevra di veli ideologici; sono gli individui a contare, con le loro storie complesse e le loro ambivalenze, senza che mai essi vengano trasformati in archetipi di qualche visione causale e strutturata della realtà. Questo risultato è dovuto non solo all’onestà intellettuale di Giordana ma anche all’immediata simpatia che praticamente tutti i personaggi generano nello spettatore; per cui anche il piccolo imprenditore rampante della provincia del nord finisce per non risultare odioso nemmeno quando parla di macchine e motori. Lui come gli scafisti sono visti nella loro essenziale umanità e quindi non ridotti a marionette a uso della costruzione della trama. Più difficile semmai è per il regista raffigurare la nave dei disperati che cerca la sua chance di felicità dall’altra sponda dell’Adriatico: qui riescono a salvarlo la dignità dei volti e una scelta in favore di un linguaggio visivo semplice ed essenziale, che riesce ad evitare il patetismo anche in una scena drammatica come la morte di uno dei clandestini. Meno riuscite sono le parti successive, quella nel centro di accoglienza, dove Giordana eccede con alcuni sentimentalismi e introduce Andrea Tidona nella parte dell’antipatico e presuntuoso sacerdote responsabile del centro, e quella del ritorno a casa, cui manca il fascino della prima parte. Detto ciò, “Quando sei nato non puoi più nasconderti” conferma la bravura di Giordana dietro la macchina da presa. Non è vero, come è stato scritto, che la sua è tecnica sprovvista di significato, e la prova sta in quello che si è venuto dicendo finora; ossia che egli nel suo cinema mette anche il cuore. La rappresentazione di Brescia e dei suoi distretti industriali è efficace tanto quanto il viaggio per mare della carretta dei disperati; e le scelte tecniche spesso azzeccate (l’incontro tra Sandro e Alina, le soggettive sulla refurtiva dei due fratelli). Gli attori sono più o meno tutti discreti; ma Matteo Gadola, alla sua prima apparizione al cinema, merita una menzione particolare. |
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Commenti del pubblico |
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